Lo scontro

Autonomia, a un pezzo di storia della Cisl non piace l’inerzia di Sbarra: «Da calabrese ci spieghi perché la riforma farà bene all’Italia»

Savino Pezzotta, ex segretario del sindacato, ha firmato per il referendum in una sede della Cgil: «Mi dicono che “è inutile” ma davanti a un disastro non si può disertare»

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di P. P. P.
1 agosto 2024
12:09
Da sinistra, Gigi Sbarra e Savino Pezzotta
Da sinistra, Gigi Sbarra e Savino Pezzotta

C’è un calabrese finito al centro delle polemiche sull’Autonomia differenziata. Per il motivo che non ti aspetti, cioè per ciò che non avrebbe fatto per battersi contro la riforma Calderoli in questa fase di grande mobilitazione. La Cisl non è scesa in campo per il referendum che vola verso le 500mila firma ufficiali e il suo segretario, Gigi Sbarra, calabrese doc, affronta un attacco che arriva dall’interno e da un pezzo di storia della sua organizzazione sindacale. L’immagine è forte: Savino Pezzotta, 80 anni e una vita spesa nel sindacato oggi guidato da Sbarra, ha firmato nella sede della Cgil di Bergamo, la sua città. Oggi racconta le sue ragioni e spiega, in un’intervista a Domani, perché non capisce né condivide la linea del suo sindacato sull’Autonomia differenziata. La Cisl ha detto no al quesito e Pezzotta non si spiega perché.

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«Io sono un uomo del Nord, e anche un federalista, ma questa legge non ha lo spirito del federalismo – dice –. La legge Calderoli tradisce l’idea stessa dell’autonomia regionale, che è federale, e tutti gli stati federali che conosciamo, cominciando dagli Stati uniti d’America, hanno usato il federalismo per fare l’unità».


Più nello specifico, a Pezzotta, da sindacalista, «non hanno ancora spiegato che fine farà la contrattazione nazionale. I contratti nazionali di lavoro sono un elemento di uguaglianza e solidarietà. Ogni regione si farà i suoi contrattini, così indebolendo tutto il sistema della protezione?».  

Sul fatto che la Cisl non aderisca al referendum anche se il segretario Sbarra è uomo della Calabria, che è una delle regioni più insofferenti all’autonomia, Pezzotta semplicemente non capisce: «Le poche spiegazioni fornite non convincono. Mi si dice “è inutile”. È inutile prevenire un disastro? No, è una diserzione dai problemi che i lavoratori possono trovarsi di fronte».

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E non è questione di schierarsi politicamente a sinistra: «Io rivendico al sindacato la sua autonomia, che non significa neutralità. L’autonomia non ti esime dallo schierarti per gli interessi che rappresenti. Oggi abrogare questa legge è fare gli interessi dei lavoratori. Se invece Sbarra ritiene che l’autonomia sia un bene per i lavoratori, lo spieghi». Altrettanto grave sarebbe una sottovalutazione dei pericoli connessi all’approvazione del ddl.

Pezzotta sposa le preoccupazioni dei vescovi e di Confindustria: «Sono le mie, uguaglianza e solidarietà sono i principi che ispirano anche un sindacato. Gli industriali capiscono che lo Stato oggi deve fare interventi diretti in economia, e senza uno Stato forte, con capacità di interventi decisivi, l’Italia non può reggere in Europa né in un mondo che tende alle grandi aggregazioni, non alle piccole patrie. Essere marginali significa far pagare l’Italia, e gli italiani più deboli». E spera che 25 milioni di italiani vadano a votare: «Dobbiamo portarceli. La sfida è importante. Gli italiani devono metterci una croce, o devono sapere bene qual è la croce che poi dovranno portarsi sulle spalle».

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