Il boss indottrinava anche il figlio di 8 anni. Sgominata organizzazione di narcotrafficanti

VIDEO-NOMI | Il gruppo era in grado di rifornire di marijuana e cocaina le piazze di spaccio calabresi. L’operazione che ha portato a diversi arresti eseguita dai carabinieri fra Gioia Tauro e Rosarno

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di Redazione
4 settembre 2019
06:56

Sono 13 complessivamente le persone raggiunte questa mattina da un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione denominata “Cattiva strada” condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio che ha portato a disarticolare un’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti e traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

Gli arrestati

I destinatari della misura cautelare in carcere sono otto: Giuseppe Cacciola, cl. 94; Agostino Cambareri, cl. 73; Massimo Camelliti, cl. 74; Saverio Fortunato, cl. 93; Salvatore Lamonica, cl. 84; Massimiliano Mammoliti, cl. 83; Francesco Mazzitelli, cl. 95; Giovanni Sicari, cl. 86. Disposti i domiciliari per Vincenzo Condello, cl. 91; Marianna Ranieri, cl. 89; Salvatore Bubba, cl.73; Natale Giunta, cl. 86; Rocco Saraceno, cl. 80.


L’indagine è stata avviata nell’estate del 2016 e ha consentito di delineare l’esistenza di un’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti con a capo Agostino Cambareri - 46enne di Gioia Tauro - con la collaborazione dei suoi congiunti e di fidati collaboratori. Per l’intera durata delle investigazioni la consorteria criminale si è dimostrata in grado di rifornire di sostanza stupefacente – marijuana e cocaina – importanti piazze di spaccio calabresi.

All’interno del sodalizio ciascuno degli indagati risultava svolgere un compito ben definito, le comunicazioni tra di essi avvengono mediante l’utilizzo di un linguaggio criptico che mutua dal gergo automobilistico i termini allusivi per riferirsi ai loschi traffici ed ai quantitativi di stupefacente da smerciare (macchina, “tappezzeria”, gomme).

 

Ad alcuni degli odierni indagati viene, in particolare, contestata l’ipotesi associativa, emergente non solo dalla ripetitività delle condotte, ma anche da altri aspetti caratterizzanti il consueto modus operandi dei fenomeni criminosi in questione:  la commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio della sostanza stupefacente secondo le modalità della vendita in parte in conto credito per favorire l’affiliazione stabile degli acquirenti; il pieno controllo del mercato illecito clandestino di diversi tipi e qualità di stupefacente (marijuana e cocaina) mediante relazioni stabili e collaudate; la gestione organizzata dei traffici: stupefacente tagliato e preparato in modo professionale, stoccato presso un luogo riservato utilizzato come base operativa ed approvvigionato attraverso canali di fornitura stabili e certi.

Un quadro indiziario che ha evidenziato la sussistenza di collaudate dinamiche operative interne, oltre che per la suddivisione dei compiti, anche per il conferimento e ripartizione dei guadagni illeciti, come pure di una rete di protezione volta ad informare, in caso di arresti o sequestri, tutti gli associati del pericolo di attenzioni investigative delle forze di polizia.

Il modus operandi

Gli eventi accertati hanno messo in risalto la piena operatività, nel territorio di Gioia Tauro e Rosarno, ma con un ambito territoriale vario e con propaggini anche fuori della provincia reggina – Tropea, Lametia Terme e Crotone – di un’organizzazione dedita alla consumazione di una indefinita serie di reati di vendita e detenzione ai fini di vendita di sostanze stupefacenti. Numerose, infatti, sono state le cessioni di marijuana e cocaina documentate, avvenute in un contesto organizzato nel quale tutto veniva coordinato e diretto dal livello gerarchicamente superiore che curava i rapporti con i fornitori e si preoccupava costantemente di ripianare gli eventuali rapporti di debito/credito relativi alla fornitura.

Lo stupefacente doveva essere collocato al dettaglio sul mercato in modo professionale, continuo e capillare: emergeva in maniera lampante come gli indagati si attenessero meticolosamente alle modalità con le quali dovevano intrattenere i rapporti tra loro, a quelle relative all’occultamento dello stupefacente e all’immediato approvvigionamento alla fonte per evitare che la “clientela” potesse rivolgersi, insoddisfatta, ad altra rete di spaccio. Le indagini hanno condotto anche all’individuazione della base logistica territoriale – la campagna nella disponibilità del Cambareri- sito di riferimento per lo stoccaggio dello stupefacente e di prelievo del medesimo. 

 

Al gruppo dei soggetti coinvolti nelle attività illecite appartengono, in primo luogo, gli indagati Agostino Cambareri, ed i suoi più stretti collaboratori, Giuseppe Cacciola e Giovanni Sicari. Le risultanze investigative hanno permesso di individuare in costoro la cuspide della consorteria criminale.

 

Il ruolo direttivo riconosciuto al Cambareri deriva, tra le altre, dall’essere l’unico soggetto in grado di determinare il prezzo di cessione dello stupefacente al dettaglio e la qualità della sostanza stupefacente trattata. Le sua figura si staglia, nel corso delle indagini, quale esperto conoscitore di ogni tipo di sostanza stupefacente, con una pluriennale esperienza nel campo.

 

La capacità di organizzatore del Sicari si arguisce, invece, dalla rete di rapporti che lo stesso è in grado di intessere e alimentare senza soluzione di continuità con molteplici soggetti, anche lontani da Gioia Tauro, tutti comunque collegati al vertice del gruppo.

Il coinvolgimento del bambino

A testimonianza della spregiudicatezza criminale di Cambareri sono le risultanze investigative che hanno rivelato lo sconcertante coinvolgimento in alcuni aspetti delle sue attività illecite del figlio di costui di appena 8 anni. Il minore, nonostante la tenerissima età, non solo risulta pienamente a conoscenza delle attività illegali del genitore, ma viene indotto a prendervi parte, suscitando il vivo compiacimento di quest’ultimo. Inquietanti si rivelano, in particolare, i contenuti dei dialoghi monitorati tra padre e figlio, nel corso dei quali il genitore, senza remora alcuna, affronta discorsi inerenti ai traffici di droga ed armi.

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