CASO MATACENA: I LEGALI DI CHIARA RIZZO DEPOSITANO L'APPELLO AL TRIBUNALE DEL RIESAME PER LA SCARCERAZIONE

Gli avvocati della consorte dell'ex armatore, al momento a Dubai, insistono sulla nullità dell'interrogatorio di garanzia.
20 giugno 2014
00:00

REGGIO CALABRIA – I difensori di Chiara Rizzo, gli avvocati Bonaventura Candido e Carlo Biondi, hanno depositato presso il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria un appello avverso l'ordinanza emessa il 29 maggio scorso dal gip Olga Tarsia, con la quale è stata rigettata l'istanza del 26 maggio di immediata liberazione della donna "essendo la misura cautelare - scrivono i legali - priva di efficacia per nullità  dell'interrogatorio di garanzia".

 


L’arresto. La donna, moglie dell'ex deputato Amedeo Matacena, e' stata arrestata dalle autorità' francesi all'aeroporto di Nizza, dove era giunta da Dubai diretta in Italia per chiarire la propria posizione, su mandato d'arresto europeo in quanto destinataria di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip dello stretto su richiesta della locale Dda nell'ambito dell'operazione Breakfast, per intestazione fittizia di beni e procurata inosservanza di pena. Quest'ultimo reato viene contestato anche all'ex ministro Claudio Scajola, arrestato dalla Dia lo scorso 8 maggio e da pochi giorni ammesso al regime degli arresti domiciliari.

 

Le richieste degli avvocati. I legali della Rizzo, in sostanza, sono convinti, tuttavia, della nullità dell'interrogatorio di garanzia, che, se riconosciuta dal Riesame, porterebbe immediatamente alla cancellazione della misura cautelare. I difensori della consorte di Matacena, alla quale il Riesame pochi giorni fa ha negato la scarcerazione rigettando l'istanza dei suoi avvocati, lamentano la violazione dell'articolo 104 comma terzo del codice penale, inerente il differimento del colloquio con i difensori, che nel caso di indagini preliminari e nel caso di indagati "in vinculis", ossia sottoposti a misura cautelare degli arresti, non può  essere superiore a 5 giorni. Secondo Bonaventura e Candido, quindi, andavano computati anche i sette giorni trascorsi dalla donna agli arresti in Francia, in aggiunta a  quelli vissuti da Chiara Rizzo  nella casa di reclusione di Arghillà.

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