La forza di Valeria, affetta da spina bifida: dal bullismo alla rinascita

La 19enne racconta la sua storia alla nostra testata: «Le barriere le poniamo noi mentalmente, se le superiamo viviamo serenamente. Io per fortuna ci sono riuscita, ma può farlo chiunque»

di Francesca  Lagatta
4 marzo 2019
15:16
Valeria Scalese
Valeria Scalese

Valeria Scalese nasce in Calabria il 22 settembre del 1999 e poche ore dopo, 24 appena, deve fare subito i conti con le controversie della vita. La piccola è affetta da spina bifida mielomeningocele, una grave malformazione congenita alla spina dorsale che l'ecografia in gravidanza non aveva messo in evidenza, e così si ritrova catapultata in fretta e furia nella sala operatoria di un ospedale della regione. Qui qualcosa va storto e anziché tentare di riparare il danno, una maldestra operazione lo renderà ancora più serio. Tanto che Valeria avrà difficoltà persino a gattonare. Ma i genitori, decisi ad alleviare il dolore della figlia, la fanno visitare dai medici dell'ospedale Gaslini di Genova, i quali la sottopongono a nuovo intervento. Forse potrà ancora camminare, le dicono i camici bianchi, ma tutto dipenderà dalla sua forza di volontà e dalla capacità di adattarsi alle protesi impiantate alle gambe. Valeria è piccola di età e di statura, ma è già una donnina matura e forte, ha dentro di sé un entusiasmo travolgente e una gran voglia di vivere. A 5 anni, per la prima volta, si regge in piedi da sola e passo dopo passo impara a camminare, come i suoi compagnetti di asilo.

Il bullismo e l'ignoranza sociale

Sembra fatta, non sarà così. Per mantenere i risultati Valeria dovrà sottoporsi durante la crescita a numerosi interventi chirurgici, dieci in tutto, e oltretutto dovrà imparare a fronteggiare i bulletti che inevitabilmente avrebbe trovato sulla sua strada. Accade quando Valeria, residente a Botricello, in provincia di Catanzaro, comincia a frequentare l'istituto di scuola superiore. A quella età i ragazzini rincorrono il mito della perfezione, pagano il conto di un bagaglio culturale e famigliare povero e l'unico modo di affermarsi e stare in pace con se stessi è sentirsi migliori degli altri. Pertanto, molti suoi coetanei trovano nelle sue protesi il pretesto per giudicarla, per farla sentire una sorta di extraterrestre, un essere "diverso". Valeria passa giorni bui, ma ripensa a quanto fortunata sia a stare sulle gambe e a non dover odiare nessuno per sentirsi importante e alla fine decide di non lasciarsi sopraffare dall'arroganza e dalla prepotenza dei bulli che ha la sfortuna di incrociare. 


La rinascita

Grazie al sostegno dei suoi genitori, circondata di persone che le volevano bene, trova il coraggio di trasformare la sua patologia nella sua compagna di vita, «il mio angelo che viaggia con me», precisa, imparando a guardare in faccia la realtà con i suoi pregi e difetti. Si butta a capofitto nello sport (da 9 anni pratica il nuoto), e non nasconde più le sue protesi, anzi, comincia a indossare i vestitini corti che tanto le piacciono e mostra fiera quei dispositivi meccanici che ora sono parte del corpo e dei quali non potrebbe fare a meno. Il sorriso e la sua serenità diventano la sua peggior vendetta.

A 17 anni decide di trasferire su un foglio tutte le emozioni che aveva intrappolato dentro per troppi anni. Così nasce il suo libro, attualmente in stampa, dal titolo eloquente: «La forza della vita... è vivere la vita». In quelle pagine racconta se stessa, racconta quanto sia stato difficile non tanto accettare la patologia, ma farla accettare agli altri, a quelli che «hanno qualche problema nei confronti della disabilità». Racconta anche la sua malattia in ogni suo aspetto, perché i lettori possano conoscerla e possa trarre forza dalle sue parole.

Il suo percorso di rinascita la porta ad iscriversi anche alla facoltà di Scienze dell'Educazione all'ateneo di Cosenza. Si trasferisce nella città bruzia e lì assapora per la prima volta il gusto della libertà e dell'indipendenza. Valeria è una studentessa Unical che rassetta casa, va a fare la spesa, cucina, fa il bucato, pranza alla mensa dell'università insieme ai suoi amici, esce a fare delle passeggiate, insomma bada a se stessa, e lo fa completamente da sola. Poi il fine settimana torna a Botricello per riabbracciare i famigliari. Altro che disabilità.

Il messaggio di Valeria

Nonostante le sue mille vittorie, Valeria ha ancora dei desideri inespressi. «Vorrei che agli occhi degli altri - dice alla nostra redazione - la disabilità non venga vista come un limite ma come un mondo da scoprire, per avvicinarsi e collaborare a rendere il mondo sereno e senza barriere, instaurando rapporti umani di fiducia e amicizia». Poi impartisce una lezione di civiltà quando, infine, parla di limiti e ostacoli: «Le barriere le poniamo noi mentalmente, se le superiamo viviamo serenamente. Io per fortuna ci sono riuscita, ma può farlo chiunque».

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