Rapporto Svimez: i calabresi hanno davvero voglia di cambiare?

L’ultimo rapporto Svimez sul Meridione e la Calabria è un pugno allo stomaco

di Riccardo Tripepi
31 luglio 2015
09:37

L’ultimo rapporto Svimez sul Meridione e la Calabria è un pugno allo stomaco. Anche di più di quelli precedenti che pure, con cadenza annuale, ricordano come l’Italia sia spaccata in due, con il Sud destinato a soccombere fra povertà, emigrazione e morsa della criminalità e un Nord sempre più inserito in Europa.


Nella selva delle percentuali di quest’anno spiccano, però, due dati. Il primo è il rapporto tra il Mezzogiorno e la Grecia sull’orlo della bancarotta. “Dal 2000 al 2013 il Sud – si legge nel rapporto Svimez - è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell'Europa”.



Il secondo è il dato sull’occupazione scesa ai livelli del 1977. Tanto che agli stessi livelli è ritornata l’emigrazione giovanile che sta impoverendo e desertificando il territorio in maniera insopportabile.


Un vero e proprio disastro, insomma. Davanti al quale in tanti stanno provando la tecnica della rimozione della realtà, cominciando a scagliarsi contro la Svimez e le sue vuote, magari false, percentuali. In realtà i dati statistici del rapporto li viviamo tutti sulla nostra pelle ed ogni giorno e non hanno alcun bisogno di ulteriore prova.


Più opportuno sarebbe interrogarsi sulle responsabilità di chi ha portato la situazione a questo punto. Ai governi di vario colore politico che si sono succeduti a livello nazionale e regionale, evidentemente impreparati a dare risposte al popolo della Meridione.


Nello sfascio particolare e senza fine della Calabria, poi, viene da chiedersi se la nostra Regione poteva davvero permettersi i due anni di limbo in cui l’hanno costretta politica e magistratura.


Prima la sentenza sul caso Fallara che ha dato sei anni a Scopelliti per abuso d’ufficio ha chiuso anzitempo la legislatura precedente. Lasciando la Regione sotto la guida di una giunta facente funzioni ed un Consiglio in prorogatio che hanno tirato il più possibile prima di andare alle urne con il solo obiettivo di portare a casa il massimo numero degli stipendi.


La vittoria di Oliverio a novembre, poi, non è servita a mutare l cose. Le incapacità del centrosinistra sono balzate immediatamente agli occhi. In un quadro da ultima spiaggia, la prima riforma scelta dal governo appena insediato è stata quella sullo Statuto regionale e sulla composizione della giunta. Roba da non crederci. Nelle pieghe delle lentezze oliveriane si è inserita poi nuovamente la magistratura azzoppando giunta e Consiglio con l’inchiesta di “Rimborsopoli” riferita a fatti relativi alla precedente legislatura, ma esplosa appena dopo sei mesi dall’insediamento del nuovo governatore.


Tanto che oggi è costretti ad un nuovo inizio, dopo aver accumulato ritardi su ritardi. La corsa per investire i fondi comunitari, ad esempio, pare essere assai disperata.


Ed allora si capisce che dati e percentuali della Svimez siano la fotografia impietosa delle incapacità di una classe dirigente che non riesce ad invertire la rotta e che con Roma continua ad avere un’interlocuzione da colonia del secolo scorso. Né si vede all’orizzonte un movimento che, sull’onda di quanto sta avvenendo in Grecia o in Spagna, sia in grado di offrire un progetto nuovo di sviluppo, magari intercettando il dissenso e la voglia di cambiare. E qui si innesta l’ultimo, e più inquietante interrogativo, ma i calabresi superstiti rimasti in Regione hanno e hanno mai avuto davvero voglia di cambiare?

Giornalista
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