Nella bambina strappata alla madre il simbolo più atroce della Shoah

Giornata della memoria | Sono tantissimi i filmati storici che raccontano l’Olocausto, ma forse una delle scene meno efferate è anche la più simbolica perché trasmette la lucidità della disperazione di chi subì la follia nazista

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di Enrico De Girolamo
27 gennaio 2019
12:59
Un fotogramma tratto dal film Schindler’s List
Un fotogramma tratto dal film Schindler’s List

C’è un filmato autentico che non sono mai riuscito a sostenere, che raramente riesco a guardare fino in fondo senza cambiare canale o distogliere lo sguardo. A volte, nella Giornata della memoria, lo ritrovo in un servizio tg, perché è un documento storico esplicito ma non particolarmente efferato, dunque spendibile in diversi contesti.
Non c’è sangue in questa scena, non c’è violenza fisica diretta, non ci sono gli scheletri viventi che si aggirano con lo sguardo spento nei lager appena scoperti dai soldati russi e dagli Alleati alla fine della guerra. Non ci sono pile di cadaveri, né fosse comuni. Niente di tutto questo, ma forse è peggio, perché ciò che si vede è il prologo di quelle morti, è la percezione della lucidità dei protagonisti che hanno avuto tutto il tempo di realizzare e vivere l’orrore che li stava travolgendo.

 


In questo frammento visivo che trovo così insopportabile, si vede un soldato nazista impegnato nella gestione di alcune donne prigioniere, forse appena rastrellate o forse già giunte nel campo nel quale moriranno.
Una donna stringe la mano della figlia. Il soldato, che imbraccia un mitra, si avvicina e con decisione le separa, indicando alla donna di mettersi in fila con le altre, mentre la bambina viene allontanata in malo modo. La piccola piange e cerca di tornare dalla madre, ma il soldato tedesco la spinge via senza colpirla con particolare violenza, ma con la forza inarrestabile di un destino atroce che si sta compiendo e di cui è lo strumento più o meno consapevole. In entrambe, madre e figlia, la disperazione è totale, definitiva. Restano così, separate, distanti pochi metri. Ed è proprio quello spazio incolmabile che le separa, quelle braccia protese che non si potranno mai più intrecciare e darsi conforto a vicenda, che ogni volta mi sconvolge.

 

I documenti storici che raccontano la Shoah sono tanti e incredibilmente atroci, mille volte più orribili di questa scena straziante ma banale, che si consumò come tante altre simili in un giorno qualsiasi di quell’inferno in terra. Eppure in quella bambina strappata alla madre affinché muoiano sole e lontane, nella disumanità di quel soldato che svolge con efficienza burocratica il suo compito, vedo la sintesi più cruda ed efficace di quello che accadde.

 

La Giornata della memoria che si celebra oggi non è fatta solo per ricordare il momento più buio del ‘900, i milioni di morti, i lager dove erano stipati a migliaia in attesa di essere eliminati, le deportazioni di massa. È fatta per ricordaci che dietro quei numeri, dietro la macabra contabilità dell’Olocausto, c’erano persone, come quella mamma e la sua bambina.

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