La vergogna del contagio a causa degli sciacalli della porta accanto

I malati di coronavirus vengono additati sui social come untori da un'isteria collettiva che non conosce pietà né ragione. Così molti si ammalano ma non lo dicono perché finiscono per temere più la gogna che il Covid-19

di Francesca  Lagatta
21 marzo 2020
16:45

La pandemia del Coronavirus ci ha cambiato, forse per sempre. Non sappiamo cosa saremo quando tutto questo sarà finito, ma sicuramente non saremo più quelli di prima. Questa è una delle poche certezze che abbiamo in questo momento. L'altra è che l'emergenza Covid-19 ci ha spogliati, ci ha messo a nudo, ci ha messo tutti sullo stesso livello, ricchi e poveri, ignoranti e acculturati.

Tutti uguali di fronte alla paura

Il coronavirus è riuscito a fare in una manciata di settimane quello che scienza, politica e religioni non sono riusciti a fare praticamente da sempre: dimostrare che sotto la pelle ogni anima è eguale all'altra. E' evidente che vestiti, case, soldi, macchine, lauree sono solo solo accessori, come può esserlo un bracciale, una borsa, una cintura. Strumenti che fanno comodo nella vita di tutti i giorni, ma che diventano perfettamente inutili quando ci trova innanzi al fino sottile del confine tra la vita e la morte. Questo perché l'uomo prova le emozioni e queste possono essere controllate, grazie alla ragione e al bagaglio culturale, ma fino a un certo punto. L'emozione che più di tutte ci rende simile è la paura, innata e primordiale, che scatena nell'essere umano l'inalienabile istinto di sopravvivenza. E questo non è sempre un fatto positivo. In questo momento quante persone sono davvero contagiate dal coronavius? Quante sono quelle che per colpa dell'isteria collettiva provano imbarazzo e vergogna a dichiarare il loro reale stato di salute?


Malati additati e insultati

Con l'avvento del Covid-19 l'istinto di sopravvivenza, nel genere umano è venuto fuori in maniera quasi violenta. I contagiati da vittime sono diventati carnefici, vengono additati come untori da mettere al rogo e indicati come colpevoli della dilagante pandemia di cui conosciamo poco e che non sappiamo come e quando finirà. Che è come aggiungere benzina sul fuoco. Sul social, poi, la piazza preferita dai vigliacchi, tanti pazienti sono stati messi al rogo e raggiunti da insulti e bestemmie di ogni ogni genere, che in larga parte si concludono con l'augurio di morte nei loro confronti. Il problema maggiore è che tra questi personaggi non c'è alcuna distinzione, tutti se la prendono con tutti, a prescindere dal loro grado di cultura.

Incolpevole contagio

Fatta eccezione per quei pochi scellerati che hanno diffuso il virus in modo consapevole, la maggior parte delle persone contagiate era stata infettata prima ancora che il governo varasse misure drastiche per il contenimento della diffusione. Molte, addirittura, sono state infettate senza averne i sintomi, trasformandosi così in potatori sani del Covid-19 e contagiando a loro volta senza neppure saperlo. Ad ogni modo, questo non è il momento di fare polemica e i malati, che mai avrebbero voluto trovarsi in questa situazione, avrebbero bisogno solo di rispetto e di comprensione.

Foto e numero di telefono dei malati sui social

Peccato che non tutti la pensino così e invece di rendersi utili per superare il momento di estrema difficoltà, utilizzano il loro tempo diffondendo le foto e addirittura i numeri di telefono dei malati, nella speranza di individuarli e avere qualcuno conto cui inveire, o anche solo per emarginarli e isolarli. Sta succedendo spesso, ultimamente. L'ultima due sere fa, quando è stata resa nota la notizia di un medico di Santa Maria del Cedro risultato positivo al test del tampone. Su whatapp si è immediatamente scatenato il toto-nome e in men che non si dica, è cominciata la caccia all'untore, con tanto di pubblicazione di foto segnaletica e numero di telefono. Un'azione degna dei peggiori sciacalli, i quali, non solo hanno violato il sacrosanto diritto alla privacy dell'uomo, ma lo hanno anche apostrofato con epiteti irripetibili, perché colpevole, secondo costoro, di essersi recato a lavoro nei primi giorni del contagio. Ma come avrebbe fatto il medico a prevedere che la donna sottoposta a un esame diagnostico era la moglie di un uomo infettato dal virus?

Più paura della gogna che del virus

C'è chi accetta di essere stato contagiato dal coronavirus, ma non di dover subire la gogna mediatica e l'emarginazione di tutta la famiglia e così, quando la situazione lo consente, tacciono. E' quello che sta drammaticamente venendo alla luce in queste ore. Molte persone che accusano i sintomi della malattia, ovviamente in forma lieve, restano isolate a casa senza denunciare le proprie condizioni di salute alle autorità. Pregano e sperano di guarire circondate da silenzio e indifferenza, mentre fuori il mondo è in pieno caos. Ne consegue che le statistiche dei contagiati sono stimate al ribasso e qualcuno, da qualche parte, rischia la propria vita e mette a repentaglio quella degli altri pur di non finire nella bolgia infernale della rete. Che bello sarebbe il mondo, se insieme al vaccino contro il Covid-19 riuscissimo a crearne uno anche per la stupidità umana.

 

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