Zingaretti vada avanti, Oliverio ha distrutto la sinistra mentre la Calabria è in ginocchio

I fan del governatore uscente  tentano di accreditare l’idea di un partito in rivolta a difesa del presidente. Suggestione. Fake news utile solo come arma di pressione contro Roma. Una trappola nella quale possono cadere solo coloro che dell’universo della sinistra calabrese non conoscono praticamente nulla

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di Pasquale Motta
4 dicembre 2019
08:51
Oliverio, Zingaretti e Callipo
Oliverio, Zingaretti e Callipo

Diciamoci la verità: ascoltare o leggere Oliverio, la Bruno Bossioe tanti altri in versione difensori della sinistra calabrese, provoca la pelle d’oca. Possibile che si possa credere che la stragrande maggioranza del popolo di quella sinistra, di cui oggi, questi signori, si ergono abusivamente a depositari, possa essersi dimenticato che sono proprio costoro che l’hanno distrutta? In queste ore, per giustificare l’impossibile, i sostenitori di Oliverio si stano misurando in una serie dichiarazioni che sfiorano la mistificazione. Evidentemente la mossa del cavallo di Nicola Zingaretti, il quale ha annunciato il suo sostegno alla candidatura di Pippo Callipo, deve aver disorientato gli strateghi della difesa a oltranza di Oliverio. Nicola Adamo e Enza Bruno Bossio per tutti.

 


I fan del governatore uscente, infatti, tentano di accreditare l’idea di un partito in rivolta a difesa di Mario Oliverio. Una suggestione. Una fake news. Utile solo come arma di pressione contro Roma. Una trappola nella quale possono cadere solo coloro che dell’universo della sinistra calabrese non conoscono praticamente nulla. E, tuttavia, per chi, come chi scrive, quel mondo lo conosce fin nei meandri più oscuri, sa benissimo che è un cliché consolidato. Utile solo a trattare parallelamente. E, d’altronde, lo conferma la circostanza resa nota dall’onorevole Giudiceandrea: mentre “Sagunto” con il suo esercito di mercenari faceva finta di resistere, Oliverio si incontrava segretamente per trattare la resa. E ciò nonostante il teatrino messo in scena a Lamezia Terme con l’inaugurazione della sede elettorale. Sceneggiate. Una cosa simile andò in scena nell’hotel di Caposuvero nel 2010 quando il solito Nicola Adamo sembrava guidare una rivolta contro la ricandidatura di Agazio Loiero, si raccolsero anche 1000 firme contro quella ipotesi. Tutto si concluse con la ricandidatura dello stesso Adamo con Loiero, il quale si portò a casa un’altra legislatura alla Regione (la quinta) insieme ad altri vegliardi e dinosauri dell’epoca.

 

Gli argomenti che stanno facendo circolare in queste ore contro Callipo sfiorano veramente il ridicolo. Soprattutto quelli inerenti all’aspetto identitario. Sostanzialmente i filo oliveriani tentano di misurare il livello di sinistrosità del candidato Callipo. Avevano fatto la stessa cosa con il giovane imprenditore Rubbettino, fatto quasi passare per un pericoloso “fascista”, sol perché era stato eletto in una lista civica del suo paese. Il giovane editore calabrese, compresa l’antifona, con garbo e signorilità, ha pensato bene di prender cappello e togliere il disturbo. E, d’altronde, una persona che abbia un minimo di prestigio da tutelare e anche un’immagine, come nel caso di Florindo Rubbettino, difficilmente avrebbe potuto reggere il tiro incrociato dei mercenari assoldati da Oliverio. La gara a chi è più di sinistra promossa dal governatore e dai suoi supporter, suona un po’ come una beffa, considerato che è lo stesso Oliverio che ha esibito per mesi un presunto tavolo di centrosinistra, il cui volto più noto era quello di Enzo Sculco. Senza dimenticare alle elezioni regionali del 2014 gli incontri tra il “compagno” Nicola Adamo e il “camerata” Alberto Sarra nel tentativo di dare vita ad una lista insieme. E chi aveva imbarcato come compagni di viaggio Ciconte e Scalzo? Oggi entrambi in marcia verso il sovranismo calabrese. In quella occasione, e per quelle scelte, a memoria, non abbiamo sentito nessuno intonare alla violazione dell’inno della “bandiera rossa la trionferà”. Neanche Luigi Guglielmelli segretario del Pd cosentino, che ogni tanto s’illude di essere segretario di federazione del glorioso Pci. Quella del Pd calabrese, dunque,  non è una semplice crisi, è una deriva culturale e morale. E tentare di ammantarsi di rosso, non la rende meno grave, anzi appare più il tentativo dell’ennesima truffa a danno di tanti militanti ed elettori perbene.

Una deriva quella del Pd che nessuno avrebbe immaginato fino a qualche anno fa. E, d’altronde, avrebbe mai potuto immaginare il povero Berlinguer che il segretario del Pd della provincia più estesa d’Italia si sarebbe trasformato nel cecchino delle proposte formulate dal segretario nazionale del suo partito? La demonizzazione dell’editore di Soveria Mannelli, da parte del segretario della federazione del Pd di Cosenza Luigi Guglielmelli, infatti, si può tranquillamente definire più che una posizione politica, una sguaiata e volgare cialtroneria. Oggi, Guglielmelli, si chiede per quale motivo la segreteria nazionale stia per commissariare la sua federazione. Un dirigente serio dovrebbe chiedersi piuttosto per quale motivo ancora non sia stata commissariata, considerato le castronerie che ogni giorno il segretario cosentino affida ai social. Non me ne voglia Luigi Guglielmelli, il quale personalmente mi è pure simpatico, tuttavia, se uno decide di fare il segretario di un partito dovrebbe sapere benissimo che all’interno di una organizzazione ci sono regole e gerarchie. E ancora. Se uno decide di fare il segretario politico dovrebbe evitare di fare contemporaneamente il capostruttura al servizio della presidenza della regione. E per favore, nessuno si permetta di paragonare i funzionari politici dei vecchi partiti con i dipendenti delle strutture speciali della regione. Quei funzionari, infatti, rispondevano ai partiti e non agli uomini di governo. E quegli stipendi da funzionari garantivano la loro autonomia. Se proprio Guglielmelli vuole continuare la sua battaglia a favore di Mario Oliverio, compia l’unico atto che avrebbe dovuto già fare da mesi: si dimetta. Le sciocchezze, gli insulti, le accuse all’indirizzo dei potenziali candidati del centrosinistra alternativi a Oliverio, sono apparse odiose. Rancorose. Fuori luogo. Rubbettino è di destra. Callipo è fascista e pure mafioso. Le accuse si sono sprecate. Che poi uno si chiede: ma Oliverio non doveva essere un candidato dal profilo civico fino a qualche mese fa? E quei sindaci di centrodestra che avevano firmato la sua candidatura che fino hanno fatto? Da Enza Bruno Bossio, ai cecchini rigorosamente a stipendio nelle strutture speciali, all’indirizzo di Callipo stanno facendo piovere accuse di ogni tipo, alcune molto gravi, come quella di presunto mafioso, accusa ripresa anche dallo stesso Oliverio. Alla faccia del garantismo. Per la Bruno Bossio e Mario Oliverio, il garantismo si applica solo quando la magistratura indaga su di loro, per tutti gli altri non vale. 

 

La verità è un'altra. Ci troviamo di fronte ad un signore 70enne che da 40 anni ricopre ininterrottamente ruoli di governo e non vuole mollare. Intono a lui un gruppo di potere che da 30 anni fa il bello e il cattivo tempo dal PDS in poi. E non intende mollare. Lor signori hanno distrutto un partito, hanno impedito a qualsiasi generazione diversa dalla loro di crescere e affermarsi. E ancora sono li, pretendono di stare nelle loro comode rendite di posizione, continuando a presidiare le macerie che hanno accumulato. Zingaretti è sceso da Roma come un buldozer, vada fino in fondo, sgombri le macerie e i loro guardiani. Non si lasci intimorire dalle minacce o dalle finte rivolte. In queste ore a parlare sono solo esclusivamente componenti delle strutture speciali ben retribuiti.

Il popolo della sinistra è stanco. Non ha più la forza di fare rivolte. È rassegnato. Il popolo della sinistra è altro rispetto a questi signori e aspetta che finalmente un segretario nazionale vada fino in fondo e apra la strada a una nuova classe dirigente. Per non parlare dell’esperienza al governo della Regione. I dati parlano da soli. L’ultima rilevazione pubblicata dal Sole24 ore sul gradimento dei presidenti delle Regioni, colloca Oliverio all’ultimo posto. Cos’altro bisogna aggiungere a questo disastro per far comprendere a chi ancora si ostina che c’è spazio per una ricandidatura del governatore uscente che non c’è più trippa per i gatti?

Giornalista
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