Unicef: nel mondo quasi 1 ragazza su 3 non è mai andata a scuola

Il presidente Francesco Samengo: «In Italia meno del 20% delle risorse pubbliche per l’istruzione sono destinate ai bambini delle famiglie più povere e più del 20% ai bambini delle famiglie più ricche»

di Redazione
20 gennaio 2020
12:13

Ancora oggi nel mondo quasi 1 ragazza adolescente su 3 nelle famiglie più povere al mondo non è mai andata a scuola. Secondo il nuovo studio dell'Unicef 'Addressing the learning crisis: an urgent need to better finance education for the poorest children' - realizzato su 42 paesi, fra cui l'Italia - il 44% delle ragazze e il 34% dei ragazzi appartenenti al 20% delle famiglie più povere non ha mai frequentato o ha abbandonato la scuola primaria.

L’analisi è stata lanciata in occasione dell’incontro dei ministri dell’Istruzione al forum Mondiale sull’Istruzione e in vista dell’incontro annuale del World Economic Forum.


Italia, meno 20% risorse per istruzione a bimbi famiglie povere

Nei paesi presi in analisi, i fondi per l’istruzione dei bambini del 20% delle famiglie più ricche sono circa il doppio rispetto a quanto destinato ai bambini del 20% delle famiglie più povere. Barbados, Danimarca, Irlanda, Norvegia e Svezia sono gli unici paesi della ricerca che distribuiscono equamente i fondi per l’istruzione tra il quintile più ricco e più povero.

«In Italia meno del 20% delle risorse pubbliche per l’istruzione sono destinate ai bambini delle famiglie più povere e più del 20% ai bambini delle famiglie più ricche . La povertà educativa condiziona l’intera vita di bambini e ragazzi, privandoli di opportunità preziose; investire nella qualità dell’istruzione significa affrontare le cause della povertà alla radice con enormi benefici per tutto il sistema Paese», ha dichiarato Francesco Samengo, presidente Unicef Italia.

Disparità nella spesa per l’istruzione

Più in generale nei 19 paesi ad alto reddito, il 18,6% delle risorse per l’istruzione è destinato al 20% dei bambini delle famiglie più povere, mentre il 21,7% è destinato ai bambini delle famiglie più ricche; negli 8 paesi a basso reddito solo il 10,3% delle risorse dedicate all’istruzione viene destinato al 20% dei bambini più poveri, mentre più del 37,9% a quelli delle famiglie più ricche.

 

Le più alte disparità nella spesa per l’istruzione sono state riscontrate in 10 paesi in Africa (Guinea, Repubblica Centrafricana, Senegal, Camerun, Benin, Niger, Ruanda, Ghana, Togo e Tunisia), dove i fondi destinati ai bambini più ricchi sono 4 volte superiori rispetto a quelli per i bambini più poveri. In Guinea e Repubblica Centrafricana – i paesi con il più alto tasso di bambini che non vanno a scuola – i bambini più ricchi beneficiano rispettivamente, dalle 9 alle 6 volte di più, dei fondi pubblici per l’istruzione rispetto ai bambini più poveri.

Fondi limitati e distribuiti in modo diseguale

Fondi limitati e distribuiti in modo diseguale causano classi molto numerose, insegnanti scarsamente formati, mancanza di materiali scolastici e scarse infrastrutture. Tutto questo ha un impatto negativo sulla frequenza, l’iscrizione e l’apprendimento. Inoltre, povertà, discriminazione dovuta a genere, disabilità, origini etniche o lingua di insegnamento, distanza fisica da scuole e scarse infrastrutture rappresentano ulteriori ostacoli che continuano ad impedire l’accesso a un’istruzione di qualità ai bambini più poveri. L’esclusione ad ogni passo del percorso scolastico perpetua la povertà ed è uno dei fattori chiave della crisi dell’istruzione a livello globale.

La mancanza di risorse disponibili per i bambini più poveri sta ampliando questa grave crisi, perché le scuole non riescono a garantire un’istruzione di qualità ai loro studenti. Secondo la Banca Mondiale, più della metà dei bambini che vivono nei paesi a basso e medio reddito non sa leggere o comprendere una storia semplice entro la fine della scuola elementare.

Investire in modo equo e diffuso sull’istruzione

Lo studio suggerisce alcune linee guida ai governi: nel piano di distribuzione delle risorse nazionali, i fondi devono essere ripartiti in modo che i bambini del 20% delle famiglie più povere beneficino almeno del 20% dei fondi per l’istruzione; i fondi pubblici devono dare priorità ai primi anni di istruzione – dove i bambini delle famiglie più povere sono maggiormente rappresentati – e aumentare gradualmente la distribuzione (dei fondi) agli anni successivi, quando la copertura per i primi anni di istruzione si è avvicinata a livello universale; garantire almeno 1 anno di istruzione prescolastica universale ad ogni bambino poiché questa è il fondamento su cui poggia la formazione scolastica.

 

«I paesi ovunque stanno fallendo nel prendersi cura dei bambini più poveri del mondo, e per questo, anche nel prendersi cura del benessere stesso del paese. Fino a quando la spesa pubblica per l’istruzione sarà sproporzionatamente orientata a favore dei bambini delle famiglie più ricche, i più poveri avranno poche speranze di affrancarsi dalla povertà, acquisire le competenze di cui hanno bisogno, avere successo nel mondo di oggi e contribuire alle economie dei loro paesi» ha dichiarato Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef. «Siamo in un momento critico. Solo se investiremo in modo equo e diffuso sull’istruzione dei bambini, - conclude - avremo la possibilità di aiutarli a uscire dalla povertà, dando loro maggiori competenze, di cui hanno bisogno per accedere alle opportunità e crearne di altre per sé stessi»

Unicef Italia e il progetto ‘Lost in Education’

L’Unicef in Italia porta avanti il progetto ‘Lost in Education’ rivolto a 4.500 ragazzi e ragazze, 900 famiglie, 600 docenti e 255 attori sociali per il contrasto alla povertà educativa minorile.

Il progetto, sostenuto da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che vede l’Unicef Italia come capofila in collaborazione con Arciragazzi (Nazionale, Sicilia, Liguria, Lazio, Lombardia, Taranto) e con Arci Liguria, è realizzato in 20 scuole secondarie di primo e secondo grado (13 istituti comprensivi e 7 scuole superiori) di 7 regioni in Italia (Lazio, Lombardia, Sicilia, Puglia, Liguria, Sardegna, Friuli Venezia Giulia) e ha l’obiettivo di rendere questi ragazzi e ragazze, insieme con i loro genitori e insegnanti, consapevoli del cambiamento che possono operare nella società diventando essi stessi “pontieri” tra scuole e altri attori della comunità educante.

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