La vicenda è avvenuta nel Palermitano: Don Guglielmo Bivona ha fatto fare una sosta al corteo del “Corpus Domini” proprio davanti la residenza di Ciro Badami, capomafia in carcere e uno dei fedelissimi di Bernardo Provenzano
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
Una sosta non prevista quella avvenuta a Villafrati, nel cuore della provincia di Palermo, dove l’arciprete Don Guglielmo Bivona ha fermato la processione del “Corpus Domini” davanti alla casa di un capomafia in carcere, Ciro Badami, uno dei fedelissimi di Bernardo Provenzano. Il sacerdote si è scambiato anche un saluto veloce con la moglie del boss, ulteriore gesto che non è passato inosservato.
Domenica sera, il maresciallo e il sindaco, indignati dall’accaduto, si sono subito allontanati dalla processione. E appena tornati nei rispettivi uffici il carabiniere ha scritto alla procura della Repubblica mentre il primo cittadino al prefetto e all’arcivescovo di Palermo.
«Non ci possono essere equivoci»
«Se quel sacerdote fosse stato un mio assessore lo avrei già cacciato», dice oggi Francesco Agnello, sindaco che per il secondo mandato guida una giunta di centrosinistra.
«Io non so se il sacerdote sapesse o meno che quella è l’abitazione di un mafioso condannato: c’era la porta aperta, accanto era stato sistemato un piccolo altare. Ma non ci possono essere equivoci davanti a certe situazioni. E Villafrati ha fatto ormai da anni delle scelte chiare, che non cambieranno di certo per i comportamenti di poche persone».
Badami arrestato nel 2005
Ciro Badami era stato arrestato nel 2005, assieme al cugino Pasquale e al fratello Salvatore. Tutti e tre facevano parte della rete di comunicazione dell'allora superlatitante Bernardo Provenzano. Poi, dieci anni dopo, un altro arresto: Badami era diventato punto di riferimento per gli affari di Cosa nostra sul territorio.
«La famiglia di questo mafioso non ha mai manifestato una presa di distanza dai comportamenti del proprio congiunto. Ecco perché quella sosta la considero inaccettabile. Un evento ancora più grave di un inchino, la porta di casa aperta è un segnale chiarissimo», continua a commentare il sindaco Agnello
L'anno scorso, il primo cittadino e il maresciallo erano andati via da un'altra processione: «Quella volta - racconta il sindaco - l'arciprete aveva fermato il santissimo sacramento davanti a una persona che non ha precedenti penali, ma la sua vicinanza a certi ambienti è risaputa in paese. Solo l'arciprete non sapeva, così ha detto».