Vinitaly and the City

La Calabria deve credere nelle proprie radici storiche e culturali: a Sibari iniziato un percorso nuovo e importante

VIDEO | Si è concluso il Vinitaly and the City: migliaia di presenze, una svolta reale nella valorizzazione del territorio. E tante idee per il futuro

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di Massimo Tigani Sava
2 settembre 2024
18:13

Si è conclusa l’edizione 2024 di Vinitaly and the City a Sibari ed è quindi possibile tracciare un primo bilancio. Tanto pubblico nelle tre serate, entrato pagando 20 euro di biglietto che dava diritto a tre degustazioni di vino (tra le cantine presenti, e quindi a discrezione del consumatore) e ad una proposta gastronomica realizzata da chef calabresi cui è stata adibita un’apposita area. Afflusso davvero notevole, da contare in diverse migliaia di visitatori per ognuna delle tre giornate.

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Abbiamo assistito al primo tentativo di coniugare radici storico-identitarie della Calabria con la proposta vitivinicola. L’area in cui si è tenuta la manifestazione era attigua a quella degli scavi archeologici della Sibari magnogreca, città che fu una metropoli dell’antichità mediterranea distintasi per un elevato livello di civiltà anche dal punto di vista agricolo e agroalimentare. L’idea portata avanti dall’assessore Gianluca Gallo, con il pieno sostegno della Giunta guidata dal presidente Roberto Occhiuto è valida, ed è in sintonia con le nostre battaglie culturali e mediatiche di quasi venti anni, nonché con i princìpi ispiratori di Grand Terroir, sistema di comunicazione integrata che fa capo al Network LaC.


I vini consentono di parlare dei luoghi in cui sono prodotti, perché come altri gioielli della terra, ma con un fascino ed un appeal specifico, inducono non solo gli intenditori ma anche i bevitori ordinari a raccogliere informazioni sulle caratteristiche dei vigneti, del clima, dei vitigni autoctoni, delle denominazioni di origine, per passare poi alla storia, ai saperi che si tramandano di generazione in generazione, alla componente umana. Grand Terroir, appunto, perché il vino è una delle espressioni massime di sintesi tra contesto geografico, tradizione, apporto unico e distintivo del vitivinicoltore che lo propone. Ecco quindi che territorio ed etichette si trainano a vicenda, si richiamano di continuo, si arricchiscono di un lavoro costante di reciproca esaltazione. In questo quadro le radici identitarie hanno valenza strategica e ne abbiamo parlato, proprio assieme all’assessore Gianluca Gallo e alla collega di LaC Francesca Lagoteta, nel corso del Vinitaly and the City, presentando il mio ultimo libro intitolato “L’Alberello Enotrio”. Se n’è discusso anche nel corso dei salotti televisivi di Grand Terroir che andranno in onda nei prossimi giorni su LaC on Air (canale 17 del digitale terrestre, 820 di Sky, 411 di Tivùsat).

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La Calabria è una delle regioni del Mediterraneo, ma sarebbe corretto dire del mondo, più ricche di storia, tanto da poterla misurare in millenni. A partire dall’Epoca Enotria (senza voler richiamare stagioni molto più lontane), e proseguendo con la Magna Grecia, l’Età Romana, i Goti e i Bizantini, le influenze arabe, i Longobardi e poi i Normanni, gli Svevi e gli Angioini, gli Aragonesi e risalendo su lungo i secoli, l’antico Bruzio ha assistito ad un turbine di “contaminazioni” culturali stratificatesi in modo assolutamente originale. Si è costruito un patrimonio immenso fatto di beni archeologici, artistici e storici, cui si sommano le bellezze straordinarie di una natura che non è stata per nulla avara, tra foreste, acque, spiagge, coste, colline verdeggianti e ricche di pascoli. Un “tesoro” che è vendibile, nell’accezione più nobile del termine, sul piano globale, connettendolo in maniera sempre più intelligente con le produzioni agroalimentari ed enogastronomiche che, come si è capito in ogni luogo del mondo, costituiscono un fenomenale attrattore turistico.

Il Vinitaly and the City che si è appena concluso a Sibari va in questa direzione, ed è stata una prova generale ripetibile eventualmente anche in altre forme, e senz’altro integrandola con attività ancora più in sintonia con l’esigenza di fondo. Tutto nella vita è perfettibile, guardano sempre alla valorizzazione massima delle professionalità esistenti e all’utilizzazione strategica della comunicazione integrata da considerare alla stregua di un motore continuo, e non episodico, che genera interesse, attenzione, stimoli e che fa circolare idee positive.

Rispetto all’offerta gastronomica, testato in questa edizione il notevole potenziale di afflusso di visitatori, si potrebbe immaginare una soluzione policentrica e magari anche distinta per territori e culture di provenienza. Nel corso della tre giorni si potrebbe trovare spazio anche per analisi economiche, soprattutto se il principale Consorzio Dop, quello di Cirò, deciderà finalmente di predisporre un rapporto annuale fatto di statistiche, numeri, descrizione della realtà, sottolineatura delle linee strategiche presenti e future (basterebbe guardare a cosa si fa in Nord Italia, o anche in Sicilia, da decenni). Abbiamo altre idee che non vogliono in alcun modo scalfire il successo di una prova generale che merita un giudizio positivo. Grand Terroir ha il fine, come sistema che guarda allo sviluppo sostenibile, di essere anche fucina di proposte. Ci sarà tempo per approfondire. Intanto godiamoci una Calabria che (era ora!), inizia ad essere orgogliosa delle proprie radici identitarie.

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