Autonomia, i sindacati del Mezzogiorno non ci stanno: «Non si divida il Paese»

Nell’incontro a Lamezia, gli esponenti della Cgil hanno parlato di autonomia differenziata che rischia di «indebolire l’Italia anche sul piano europeo»

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di Redazione
5 giugno 2019
18:57
Cgil
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«L’autonomia differenziata rischia di dividere l’Italia e di mettere in ginocchio il Mezzogiorno, che invece deve essere considerato una risorsa per il paese». Lo hanno detto i segretari generali della Cgil delle regioni del Sud, che oggi si sono incontrati in un’iniziativa organizzata a Lamezia Terme (Catanzaro) alla quale ha partecipato anche il segretario confederale della Cgil nazionale, Rossana Dettori: l’iniziativa ha rappresentato una tappa di avvicinamento del sindacato alla manifestazione unitaria con Cisl e Uil in programma il prossimo 22 giugno a Reggio Calabria.

 


«Chiediamo che il governo non divida il Nord dal Sud perché – ha affermato la Dettori - solo l’unità del Paese ci può fare davvero uscire dalla crisi. Chiediamo maggiori investimenti sul Sud, chiediamo infrastrutture sociali ed economiche, materiali e immateriali, chiediamo il pieno diritto alla salute, all’istruzione e alla casa e all’occupazione stabile, chiediamo al ministro Salvini di tornare indietro sulla sospensione per due anni della norma degli appalti perché si rischia di alimentare infiltrazioni criminali e lavoro nero. Il 22 giugno a Reggio Calabria – ha spiegato il segretario confederale della Cgil - la nostra mobilitazione unitaria è tesa a dire con molta energia e a far capire al governo nazionale che il Sud è il motore del Paese: considerarlo una palla al piede è un gravissimo errore».

 

 

Secondo Angelo Sposato, segretario generale della Cgil Calabria, «nel Mezzogiorno il tema dell’autonomia differenziata diviene dirimente per impedire che il nostro Paese, non solo viaggi a velocità diverse, ma anche con diverse direzioni». A sua volta Angelo Summa, segretario generale della Cgil Basilicata, ha rilevato che l’argomento «sta passando inosservato, ma invece rischia di cambiare la fisionomia del Paese». Consentire ad alcune Regioni del Nord di gestire 23 competenze e di trattenersi le proprie risorse «potrebbe rompere la coesione nazionale, con i territori del Nord che avranno più risorse di prima e quelli del Sud meno risorse di prima. Il Mezzogiorno – aggiunge - non vuole assistenzialismo ma semplicemente le risorse che spettano a questa parte dell’Italia». Nel rimarcare la necessità di un piano di sviluppo per il Mezzogiorno: «E’ necessario per il Sud un grande piano di sviluppo e la stessa spesa pubblica per investimenti del Nord».

 

 A parere di Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia: «Il regionalismo non solo danneggia il Mezzogiorno ma danneggia l’intero Paese, che si indebolirebbe anche sullo scenario europeo. C’è bisogno di unire il Paese. Nella città dello Stretto vogliamo porre al centro del dibattito nazionale il valore del Sud in una visione unitaria del paese e contrastare le logiche, fatte di rancore e di paura, di questo governo attraverso un pensiero comune dell’Italia che – ha sostenuto Gesmundo - parta dal Mezzogiorno e dalle sue potenzialità». Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, ha osservato: «Non ci piace questa idea dell’autonomia differenziata proprio in considerazione delle ragioni della Sicilia, che è una Regione a statuto speciale ma dotata di un’autonomia regionale che non ha funzionato. L’autonomia non è la soluzione ai problemi di questo paese perché mette in discussione le pari opportunità tra i cittadini delle varie regionali: i siciliani – ha rimarcato Pagliaro - pagano le stesse tasse dei cittadini del Nord senza avere gli stessi servizi. Se oggi c’è ancora una questione meridionale è un tema che deve indurre alla riflessione la classe dirigente locale e nazionale». Infine, Nicola Ricci, segretario generale della Cgil Campania: «Il 22 giugno dalla piazza di Reggio Calabria diremo al governo che è l’ora di passare dalle chiacchiere e dagli slogan elettorali ai fatti veri e concreti, soprattutto per il Mezzogiorno, che è un tema scomparso dall’agenda. Il Mezzogiorno – ha concluso  - chiede nuovi e grossi investimenti pubblici e privati che aiuti le regioni del Sud a colmare il gap con il resto del Paese».  

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