‘Non escludo che la 'ndrangheta nasconda il boss Matteo Messina Denaro’ - VIDEO

E' quanto dichiarato dal magistrato della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, intervistato da Klaus Davi, per la trasmissione 'Gli Intoccabili', in onda a partire da domenica 22 maggio su LaC, canale 19
di Redazione
20 maggio 2016
13:52

“No, non escludo che la 'ndrangheta nasconda il boss Matteo Messina Denaro. Per quello che è la storia delle mafie penso che nessuno di noi abbia la possibilità di escludere alcunché, proprio perché sono talmente ramificate e strutturate da essere in grado di gestire qualsiasi situazione. Altre considerazioni su questo non se ne possono fare, se non dire che la storia criminale della 'ndrangheta in particolare, l'ha spesso e volentieri trasformata in un'agenzia di servizi. Detto questo non ci sono elementi investigativi in questa direzione al momento ma, ripeto non è una strada da escludere".

 


Lo ha dichiarato il magistrato della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, intervistato da Klaus Davi, per la trasmissione "Gli Intoccabili", in onda a partire da domenica 22 maggio sul canale 19 dell'emittente regionale calabrese LaC e in streaming sul sito lactv.it (www.lactv.it). "Lo Stato deve recuperare il concetto di squadra. – prosegue Lombardo - Lo sforzo che si fa a livello investigativo deve essere sostenuto da un ruolo autorevole, da parte degli altri organi dello Stato e soprattutto da scelte politiche adeguate. Allo stesso modo, ritengo che la magistratura sia chiamata a rispettare determinate scelte politiche perché senza questo scambio di collaborazione, che a mio modo dovrebbe essere costante, noi siamo destinati, purtroppo, a arrivare sempre tardi rispetto a quello che è l'enorme velocità dei fenomeni mafiosi".

 

"Ho deciso di fare il magistrato, anche se non era questa la mia idea, proprio perché vengo da una famiglia di magistrati, nel momento in cui ho cominciato a capire il ruolo vero, perché da studente alle prime armi lo si sa fino a un certo punto. Stavo iniziando a prendere consapevolezza che quello era un lavoro straordinariamente importante, quando venne ucciso Giovanni Falcone". Ha detto poi Lombardo. "Fu un primo segnale profondo che mi ha particolarmente segnato. Mio padre conosceva Falcone e quindi io vivevo attraverso lui il dramma di una persona che aveva conosciuto e con cui aveva lavorato. Quando ci sono stati gli attentati continentali del 1993, vivevo a Roma. Sentii con le mie orecchie quelle bombe, quelle di San Giovanni e ancor prima quella in via Ruggiero Fauro. Lì ho capito che non avrei fatto altro, perché la storia della mia famiglia insieme a quel tipo di situazione vissuta in prima persona mi ha sempre convinto che quella potesse essere una strada importante. Perché in Calabria? – aggiunge il magistrato Lombardo - Perché della storia dei miei grandi colleghi palermitani mi ha sempre colpito un dato, che fossero palermitani e quindi avessero la possibilità di comprendere in prima persona una serie di significati che poi vanno oltre le parole. Nel momento in cui si entra in contatto con determinate realtà, e le dico da ragazzino cresciuto nella Locride determinate cose le ho vissute nei rapporti con i miei coetanei, - sottolinea - c'è un linguaggio non scritto che se non riesci a sfruttarlo, sicuramente per capirlo ti dovrai affidare a altri e se noi siamo chiamati a fare un lavoro molto difficile già nel momento in cui quel linguaggio riusciamo a capirlo penso che diventi particolarmente difficile quando qualcun altro ce lo deve spiegare e obiettivamente penso che sia un grande arricchimento per tutti. Svolgere questa funzione per la mia terra è il più bel atto d'amore che io potessi fare".

 

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