Le scuole ghetto dei rom: qui gli italiani non vogliono entrare - VIDEO

A Lamezia Terme sono diversi gli istituti esclusivamente frequentati da bambini del campo nomadi. Così l’inclusione e l’integrazione rimangono miraggi
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di Tiziana Bagnato
5 aprile 2018
13:10

Nel 2018 nella città calabrese in cui insiste il campo rom più grande del Sud Italia esistono ancora scuole ghetto. Scuole frequentate solo da bimbi di etnia rom. Scuole in cui gli italiani non vogliono entrare. Scuole in cui a fatica si iscrive qualche extracomunitario. Lamezia vive questa condizione nell’ex comune di Nicastro nel raggio della città che va dal quartiere Capizzaglie a quello Razionale. Nelle aree, sostanzialmente, tra due fuochi: l’accampamento di Scordovillo e la cosiddetta “ciampa di cavallo”, area di case popolari a forte predominanza rom.

 


Abbiamo visitato la scuola Tripodi che al momento ospita anche i bimbi della scuola primaria Mancuso. Qui il 90 per cento dei bambini non è nemmeno vaccinato, inclusione ed integrazione sono due termini ideali, necessari come il pane ma difficili da implementare in un ambiente in cui mancano ai piccoli elementi di confronto, ad eccezione degli insegnanti e del personale scolastico, che non siano di etnia rom. Tra i tasti dolenti la frequenza. Quest’anno la prima classe non si è formata e non si sa quando si riformerà. Molti bimbi mancano  per settimane o anche mesi. E la scuola non ha l’autonomia e l’autorevolezza per sconfinare oltre il proprio ruolo e lavorare contro la dispersione scolastica. Manca anche un pulmino che magari possa andare a prendere e riportare i piccoli e costituisca un incentivo. C’è poi anche la questione dei buoni pasto. Molti genitori, ci spiegano gli insegnanti, non iscrivono i bambini alla scuola dell’infanzia per non pagare il ticket mensa. Ci sarebbe bisogno, ci spiega la dirigente Anna Maria Rotella, di un approccio allargato, sinergico, che fino ad ora è mancato. In particolare da parte dell’amministrazione comunale. E non solo su questo aspetto.

 

Rotella, che gestisce l’istituto comprensivo Saverio Gatti, a cui fanno capo diverse scuole ci racconta del disagio degli istituti periferici. Dall’erba alta non tagliata da mesi e per i quali ha inviato diverse segnalazioni, al mancato funzionamento degli idranti per i quali mancherebbe l’appalto. Per quel che è possibile ci si arrangia e si fa squadra con le associazioni di volontariato come Donne e Futuro. Sono loro ad andare al campo a chiedere alle famiglie di fare frequentare la scuola ai piccoli, sempre loro a organizzare incontri con l’Asp per avviare le vaccinazioni.

 

Incontri che per quanto riguarda la scuola primaria Azio Davoli, anche questa a totale frequenza rom, hanno dato ottimi risultati, ma che stentano, invece, a raccogliere partecipazione da parte delle mamme nella scuola Tripodi. Ecco perché si sta pensando di intervenire diversamente con incontri esterni alla scuola. Pratiche, confronti, strategie finalizzati a migliorare la salute dei piccoli e di chi è a contatto con loro, oltre che permetterne la permanenza a scuola. Il tutto organizzato e messo in pratica autonomamente e sotto forma di volontariato.

Giornalista
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