Lutto nella musica

È morto Massimo Cotto, il biografo dei cantautori: «Ciao, il tuo non potrà mai essere un addio»

È venuto a mancare a 62 anni nell’ospedale di Asti. Grande la sua passione per la musica e l’arte con uno sguardo al sociale. Più volte in Calabria per celebrare Rino Gaetano, anche con due libri

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di Procolo Guida
2 agosto 2024
09:33

«Questa è la tua foto preferita. È di fine aprile… - inizia così, la sua Chiara, il saluto al suo Massimo Cotto su instagram - …siamo a Colmar io, te e mia mamma Ozzy. Tu improvvisi balli sgangherati, qualche volta inciampi, beviamo Riesling e mangiamo cordon bleu spettacolari. Ci stiamo divertendo un sacco, come ogni volta che siamo assieme. Ti ho sempre detto che mi hai salvata. E’ così. Ci siamo conosciuti che ero una ragazzina timida e astemia (questo ci tenevi sempre a specificarlo) e abbiamo camminato assieme per 21 anni. Non sempre in discesa, ma avevamo ottime gambe. La cosa che mi fa incazzare di più è che tu mi hai salvata, ma io non sono riuscita a salvare te. Continua a soffiare nel vento. Nessuno ti dimenticherà mai, nemmeno per un istante. Te lo prometto».

Nessuno che ha amato la musica e non solo il rock potrebbe mai dimenticare Massimo Cotto, 62 anni, giornalista, scrittore, critico musicale autore e conduttore radiofonico astigiano, protagonista di una carriera da vero appassionato che lo aveva portato ad essere noto a livello nazionale ed internazionale come non avrebbe nemmeno potuto immaginare, tanto che, come un bimbo di fronte al suo gioco preferito, ha sempre saputo meravigliarsi e meravigliare con la sua irripetibile capacità di descrivere colori e calori della vita artistica dei grandi e degli emergenti, dei dimenticati e dei sempre eterni, con la medesima voglia di studiarli ed offrirli a tutti.


Abbracciamo Virgin radio, la sua ultima famiglia professionale, Chiara con la quale iniziò a consolidare una unione proprio in una delle edizioni di “Una Casa per Rinodi cui fu Direttore Artistico a Crotone, suo figlio, ed i tantissimi amici (veri) che lo coccolavano come la sua mamma 93enne sempre lucida e presente. Impossibile infatti elencare libri ed interviste in esclusiva che era molto spesso chiamato a curare: da Leonard Cohen a Guccini, Vasco Rossi, Ivano Fossati, Francesco Renga e Ligabue e tantissime band ed autori iconici internazionali si concedevano e consolidavano rapporti umani, ancora prima che sodalizi artistici che gli avrebbero permesso di riempire i teatri con lavori che offrivano uno sguardo al sociale con un linguaggio e contenuti sempre propositivi e divertenti, tra cui “Chelsea Hotel”, “Rock Bazar” e “Decamerock”. Ha lavorato per vari quotidiani e per riviste italiane («Espresso», «Epoca», «Europeo», «Max») e internazionali («Billboard», «Howl!»). Per vent’anni in Rai come conduttore radio e tv, autore di numerosi programmi (Festival di Sanremo, Festival di Castrocaro), direttore artistico del Festival di Castrocaro, del Premio De Andrè, di Astimusica, di Visionaria, appunto di Una casa per Rino in Calabria. Dal 2017 al 2019 ha presieduto la giuria del Primo Maggio di Roma. Per diversi anni è stato alla guida di Sanremolab e Area Sanremo, tanto che nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Ufficiale della Repubblica Italiana per la sua attività.

Hai scritto libri indimenticabili, anche di narrativa, recensioni e gravitato i social come un amico che osserva dove lo sguardo è difficile che arrivi, hai ricevuto premi e riconoscimenti prestigiosi che andavi a ricevere con lo stesso rispetto che regalavi ad ogni angolo del paese che ti chiamava e cercava. Hai vissuto le pene di Chiara con una forza ed una dignità commoventi, con la stessa forza che riconoscevi al cuore degli autentici, come fu per Rino Gaetano da sempre e per sempre.

«Un soffio al cuore all’interno dell’encefalogramma della canzone d’autore». Così ti venne di accompagnare il grande pubblico alla riscoperta di Rino Gaetano ad inizi anni 2000, poco tempo fa aggiungesti: «forse direi che Rino oggi sarebbe un colpo al cuore, più che un soffio. Il soffio rappresentava l’anomalia, l’atipicità di Rino, il suo non essere inquadrato e di conseguenza capito. Nessuno sapeva in quale categoria metterlo. La musica leggera lo giudicava troppo cervellotico e complicato per gli standard sanremesi, il mondo della canzone d’autore lo attaccava perché troppo poco impegnato e barricadero. Oggi, però, ci sarebbe bisogno di uno come lui, di un colpo secco che cambia il respiro. Se ascolti le radio, a volte hai l’impressione che la musica italiana sia in sala rianimazione…».

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Ecco vorremmo trovare il modo di rianimarci noi, oggi. Lo faremo rileggendo cosa hai scritto e riascoltando e riguardando il tanto che ci hai lasciato, ricostruendo un calendario del possibile e del bello, cancellando (anche noi) questa bruttissimo 2 agosto. Ciao Massimo, che tutti i grandi musicisti partiti prima di te, ti accolgano con il sollievo di poter essere raccontati da chi li rende ancora più chiari, nitidi, infiniti.

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