Caulonia, il coronavirus ferma i riti di Pasqua: non accadde neanche in guerra

Le secolari tradizioni dell'antica Castelvetere interrotte dall'emergenza sanitaria. L'ultimo stop risale al 1958 sotto la guida di monsignor Pacifico Perantoni che annullò tutto dopo alcuni litigi tra le due confraternite del paese

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di Ilario  Balì
10 aprile 2020
12:32
La Pasqua a Caulonia nelle foto del Comune sulla pagina facebook
La Pasqua a Caulonia nelle foto del Comune sulla pagina facebook

Rappresentavano per tutti, credenti e non, l’appuntamento più atteso dell’anno, quello a cui era vietato mancare, quello in cui veniva investita ogni risorsa aggiuntiva, ogni attenzione, quello per cui si ritornava una volta l’anno a ritrovare e ritrovarsi. Ma oggi la tradizione è costretta a cedere il passo all’emergenza. E così per la prima volta negli ultimi 62 anni le secolari funzioni della Settimana Santa a Caulonia, nella Locride, non si terranno a causa coronavirus.

Accadde soltanto una volta, e non in tempo di guerra, dove le funzioni religiose, seppur con modalità diverse e in regime di coprifuoco, nell’antica Castelvetere si svolsero regolarmente. Per risalire all’ultimo anno di stop bisogna tornare al 1958, un decennio dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Era l’anno della riforma liturgica e alla guida della diocesi di Locri-Gerace c’era monsignor Pacifico Perantoni il quale, da sempre contrario a manifestazioni pagane, decise di annullare tutto dopo alcuni screzi tra le due arciconfraternite del paese, quella del Rosario e dell’Immacolata, da sempre storiche rivali come neanche le contrade al Palio di Siena.


«Ci furono contestazioni – racconta lo storico Gustavo Cannizzaro – noi, all’epoca ragazzini per far rivivere quei momenti li abbiamo improvvisati tra di noi con i santini delle nostre statue, come se fosse un gioco di società per tenere viva la tradizione. Le aspettavamo tutto l’anno – prosegue – e abbiamo anche interpretato il momento della Svelata domenicale».

Nella storia cauloniese la pietà popolare è sempre stata un punto fermo della società, anche durante la guerra. La marcia di avvicinamento eucaristico inizia infatti subito dopo Carnevale quando, per le vie del centro storico ogni venerdì di Quaresima, risuonava l’antico canto dei “Pater Nostri”, tenuto in vita ai tempi del Covid-19 dai balconi e in diretta streaming. «Oggi resta la preghiera – è scritto in un post del Comune – e la riflessione che ci porta a custodire e conservare la nostra identità e il nostro patrimonio. Se ci vogliamo bene restiamo a casa, facciamo quest’ultimo sacrificio per la nostra salvezza. La tradizione resta nei nostri cuori e rifiorirà più fortificata di prima».

 

 

 

 

Giornalista
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