Concerto sospeso per troppo freddo, il clarinettista racconta: «Indegno»

Dopo la clamorosa decisione di abbandonare il palco dell'auditorium di Vibo, Carbonare spiega i motivi della decisione: «Rischiavamo anche di rovinare strumenti preziosi»
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di Enrico De Girolamo
27 novembre 2017
18:02

«Non faceva solo troppo freddo per suonare, ma l’auditorium era anche sporco, il palco ingombro di strumenti lasciati lì da qualcun altro e addirittura lo scarico del bagno non funzionava. Una cosa indegna». 
È ancora sconcertato Alessandro Carbonare, il noto clarinettista che sabato scorso, a Vibo Valentia, ha clamorosamente interrotto per “condizioni avverse” - come si direbbe in ambito calcistico - il concerto di musica classica dei Solisti Aquilani, ospitato nell’auditorium provinciale dello Spirito Santo.

 


 

Primo clarinetto dell’Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, frequenti collaborazioni con i più famosi direttori d’orchestra come Claudio Abbado e un passato come solista nell'Orchestre national de France. Carbonare, insomma, è non certo l’ultimo arrivato. Con lui, a Vibo, c’erano 20 musicisti del noto complesso aquilano, spesso impegnato in tour mondiali. Carbonare si è presentato sul palco con la sciarpa, «ma avrei voluto mettere anche il cappotto», a causa del mancato funzionamento dell’impianto di riscaldamento della sala, che appartiene all’Amministrazione provinciale e che, come è risaputo, da tempo non naviga in buone acque. A circa 40 minuti dall’inizio, quindi, Carbonare si è scusato con il pubblico, in prevalenza studenti del Conservatorio Torrefranca, e ha dato il segnale di libera-tutti. Concerto finito e figuraccia assicurata per la città.

 

 

«Non c’era la possibilità di andare avanti - afferma -, faceva davvero troppo freddo. Abbiamo eseguito l’80 per cento del programma (cosa che, da contratto, ha consentito al complesso di incassare comunque il cachet stabilito, ndr), poi non ce la siamo più sentita di continuare».
In sala c’erano circa 9 gradi, anche a causa della conformazione della struttura, una chiesa sconsacrata e restaurata con i muri molto spessi che trattengono freddo e umidità. Non certo temperature glaciali, ma comunque troppo basse per una performance musicale all’altezza degli esecutori. Ma a preoccupare era soprattutto l’integrità degli strumenti musicali usati, messa a rischio proprio dal freddo. «Il mio è uno strumento molto delicato e prezioso - spiega - poi c’erano anche tre violini del ‘700 che rischiavano seriamente di creparsi. Quindi, abbiamo fatto bene a interrompere, altrimenti i danni potevano essere enormi».

 

 

Nessun rimpianto, dunque, soltanto il rammarico per un epilogo imbarazzante che avrebbe evitato volentieri.
«Non mi era mai successa una cosa simile - aggiunge -. Ieri abbiamo suonato a Lamezia ed è andato tutto alla grande, a dimostrazione che in Calabria ci sono posti bellissimi dove suonare. A Vibo, però, è stato un disastro, ma la responsabilità non è di Ama Calabria (l’associazione culturale che ha promosso e finanziato l’evento, ndr) ma della Provincia che dovrebbe garantire la corretta fruibilità della sala. Paradossalmente quell’auditorium ha anche una buona acustica, ma nelle condizioni che abbiamo trovato non potevamo continuare a suonare. È anche una questione di rispetto».

Enrico De Girolamo

 

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