Voleva un figlio martire della jihad, sarà processato per terrorismo

Giudizio in abbreviato per un egiziano nel processo al via il 1° ottobre a Milano. L’imputato, di origini egiziane, deporrà dal carcere di Rossano. Voleva che suo figlio diventasse un terrorista

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di Redazione
6 agosto 2018
19:42

Sarà sottoposto a processo con rito abbreviato Sayed Fayek Shebl Ahmed, l'ex mujaheddin egiziano in Bosnia e residente in provincia di Como, arrestato nel gennaio scorso dalla Digos di Milano con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo. Stessa accusa mossa nei confronti del figlio Saged, 23 anni, anche lui destinatario di una ordinanza di custodia cautelare, fuggito in Siria da foreign fighter. Il 51enne, ora detenuto a Rossano, in provincia di Cosenza, potrà partecipare in video conferenza all'udienza che è stata fissata per prossimo 1 ottobre davanti al gup Stefania Pepe. Da quanto è emerso dall'indagine coordinata dal pm Enrico Pavone e dal responsabile dell'antiterrorismo milanese Alberto Nobili, l'uomo ha tentato in ogni modo di convincere il figlio maggiore ad andare a combattere in Medio Oriente, tanto che per mantenerlo gli inviava ogni mese circa 200 euro.

 


Una vera e propria fissazione quella di Ahmed, che pensava con orgoglio ad un figlio “martire". Il figlio minore di 22 anni, Hamza, veniva disprezzato, definito "il cane fidanzato con una sporca italiana" e che vuole vivere alla occidentale. Nell'ambito dell'operazione 'Talis pater' è emerso che il figlio 23enne era partito dall'Italia per la Siria il 30 giugno 2014 per unirsi alla brigata "Nour Dine Al Zenki", confluita con altre formazioni jihadiste nell'organizzazione terroristica "Hayiat Tahir Ash Sham". Gruppi con una visione vicina ad Al Qaeda a cui il padre era legato. Tempo dopo, però, il ragazzo aveva mostrato simpatie per l'Isis e questo gli era costato l'allontanamento dalla brigata. Il padre, molto imbarazzato, aveva dovuto intercedere con i suoi contatti per convincerli a riprendere il figlio tra le proprie fila.

 

Quando Saged si è ferito gravemente a causa di una mina, la madre ha accusato il marito di averlo mandato lì senza conoscere la vera situazione de Medio Oriente ma lui ha risposto che comunque sarebbe finito in carcere visto che si drogava e che la sua "intenzione era che lui andasse là per purificarsi, per diventare un essere umano”.

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