Lupara bianca

Undici anni fa la scomparsa di Gabriele De Tursi, il dolore della madre: «Non sorrido più, datemi verità e giustizia»

Il caso di lupara bianca di Strongoli in mano alla Dda di Catanzaro. Il ritrovamento della moto e il desiderio di andare via da un paese comandato da «guagliunama». Ma Anna Dattoli non si arrende: «Io lotto ma ci sono giorni duri»

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di Alessia Truzzolillo
5 giugno 2024
14:18

«Io lotto ma ci sono giorni in cui non ce la faccio». È spezzata dal pianto la voce di Anna Dattoli nel giorno dell’anniversario della scomparsa di suo figlio Gabriele De Tursi. È un pianto greve, stanco, un pianto che non si ferma da 11 anni, dal 5 giugno 2013, quando Gabriele uscì con la sua moto per andare a prendere un caffè al bar e non fece più ritorno.
«Io da 11 anni non sorrido più», dice questa madre che promette, però, di non mollare mai la presa: «Gabriele muore quando muoio io»

La scomparsa di Gabriele

«Era una giornata come tutte le altre – racconta Anna Dattoli – abbiamo pranzato, è uscito con la moto e non è più tornato».
Un ragazzo di 19 anni, senza precedenti, figlio di una coppia di onesti lavoratori.
Il caso è stato subito assorbito dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro vista la matrice mafiosa di questa lupara bianca.
Il corpo non è stato mai ritrovato ma un anno dopo la sparizione di Gabriele qualcuno ha infilato un bigliettino sotto la porta di una chiesta di Strongoli. C’erano le indicazioni per ritrovare la Honda del ragazzo.


Il ritrovamento della moto

E la moto è stata, in effetti, ritrovata nonostante quei luoghi fossero stati già scandagliati anche con l’aiuto di un elicottero. La Honda era intonsa, non un graffio, non un segno di ruggine, non una scoloritura da sole. La moto era stata custodita per un anno intero prima di essere restituita, come unico simbolo della presenza e della vita di Gabriele De Tursi.
Anna Dattoli non ha altro. «Il mio pensiero, come tutti i giorni è sempre per lui – ci dice – E’ tanto, tanto dura. Perché sono 11 anni che non vedo verità e giustizia».

Cos’è accaduto il 5 giugno 2013 a Gabriele, un ragazzo di appena 19 anni che si era appena diplomato? Cos’è accaduto in quel breve lasso di tempo in cui si è allontanato da casa con la sua moto come faceva spesso? Anna da quel giorno non si è mai fermata. Ha continuato a porre la stessa domanda in tutte le sedi.

Chi comanda a Strongoli? «a guagliunama»

Eppure il sospetto che serpeggia è che a Strongoli molti sappiamo e nessuno parli.
In questo paese di nemmeno 10mila abitanti sulla costa Crotonese imperversa la cosca Giglio rappresentata anche dai figli del capo cosca, all’epoca dei ragazzi all’incirca della stessa età di Gabriele.  E, come emerso anche da alcuni stralci dell’indagine “Stige”, a Strongoli tutti sembrano sapere tutto.
Nel corso di una intercettazione, infatti, due soggetti affermano che «la gestione ‘ndranghetistica del territorio è in mano a “guagliunama”…» che si fa forte dell’appartenenza alla cosca Giglio.

Il desiderio di andare via e l’indifferenza di un paese

Non è dato sapere se Gabriele abbia avuto contrasti con i giovani rampolli Giglio o con soggetti loro vicini, ma il sospetto è difficile da accantonare.
Sua madre lo ricorda ancora sulla soglia della cucina che le chiede di poter partire, di raggiungere il fratello al nord, di lasciare «questo paese brutto» dove «ogni cosa che fai sbagli». Non ha fatto in tempo.
Oggi, nel giorno della sua scomparsa, Gabriele verrà ricordato nel corso di una messa alle 18 nella chiesa della Sanità. Ci saranno le autorità, le associazioni Libera e Terre Joniche. Mancherà, come sempre, una grossa fetta del paese. Mancheranno quelli che erano gli amici di Gabriele. Strongoli sembra proprio custodire un segreto.

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