Traffico rifiuti, il ruolo dei calabresi e le pressioni su un imprenditore lombardo

Nell'inchiesta risultano coinvolte persone vicine agli ambienti della 'ndrangheta e già comparse nelle operazioni denominate "Tenacia" e "Infinito crimine" 

7 ottobre 2019
10:31
Il capannone di Corteolona a Pavia
Il capannone di Corteolona a Pavia

Nell'inchiesta della procura di Milano - partita dall'incendio del capannone di Corteolona a Pavia - che ha smantellato una organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti, è emerso anche il ruolo di un pluripregiudicato calabrese già coinvolto nelle operazioni contro la 'ndrangheta denominate "Tenacia" e "Infinito Crimine".

In particolare, sarebbe stato evidenziato un caso di infiltrazione criminale nella Smr Ecologia di Como da parte dei calabresi che, intercettati,  la definivano il loro feudo. Partendo dall'iniziale collaborazione con l'impianto lombardo per agevolare l’abnorme flusso di rifiuti gestiti, gli indagati calabresi avrebbero progressivamente assunto atteggiamenti sempre più invasivi nella società, arrivando a utilizzarne gli uffici, i mezzi, il carburante e le autorizzazioni.


Il titolare, imprenditore lombardo fiaccato anche da problemi economici e giudiziari, l'ha poi ceduta al gruppo criminale attraverso l’intestazione a un prestanome. «Gente che viene a casa tua e anche se non ti trova, si mette lì e dice: ora io devo mangiare la pastasciutta con te», raccontava l'uomo, intercettato dagli inquirenti, per descrivere a un suo conoscente quello che gli stava capitando.

Emblematica della vicinanza agli ambienti di ‘ndrangheta anche la conversazione tra due pregiudicati calabresi relativa a una controversia  legata a somme di denaro; i due ne rimandano la definizione a quando «saranno a tavola con i cristiani di Platì e San Luca e si vedrà chi ha ragione e chi ha torto».

 

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