Scandalo “Strada del mare”: imputati a giudizio a Vibo

L’inchiesta mira a far luce sulle irregolarità ed i reati penali nella più grossa opera pubblica mai pensata per il Vibonese 

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di G. B.
31 ottobre 2019
19:48

Tutti a giudizio. Questa la decisione del gup del Tribunale di Vibo Valentia, Antonio  Di Matteo, che ha così accolto la richiesta della Procura per gli indagati coinvolti nell’inchiesta sullo scandalo della “Strada del Mare”. Estinzione dei reati per intervenuta morte dell’imputato quella pronunciata dal giudice nei confronti dell’imprenditore Vincenzo Restuccia, di Rombiolo, deceduto il 27 dicembre 2017 all’età di 77 anni. Era difeso dall’avvocato Giovanni Vecchio. I rinviati a giudizio sono: Antonino Scidà, 53 anni, direttore tecnico delle imprese di Vincenzo Restuccia; Giacomo Consoli, 67 anni, di Vibo Valentia, ex dirigente dell’ufficio Lavori Pubblici della Provincia di Vibo Valentia; Antonio Francolino, 54 anni, funzionario della Provincia e responsabile unico del procedimento per la costruzione della “Strada del Mare”; Francesco Giuseppe Teti, 67 anni, di Filogaso, ex funzionario della Provincia di Vibo Valentia.

 


Ben 65 milioni di euro, l’importo complessivo dei lavori di un asse viario definito “strategico” pure nel Piano dei trasporti, ma che continua a restare un’eterna opera incompiuta.

A rappresentare l’ente Provincia – parte civile nel procedimento penale – l’avvocato Giuseppe Bagnato, mentre altra parte lesa è stata individuata nella Cassa Depositi e Prestiti

L’inchiesta sulla “Strada del mare” ha portato il 4 marzo 2016  al sequestro di beni per equivalente per un ammontare di cinque milioni di euro. L’indagine punta a dimostrare le irregolarità e i reati commessi attorno all’opera pubblica più costosa del Vibonese, pensata per collegare Rosarno a Pizzo passando lungo la costa e per i territori di Vibo Marina, Briatico, Zambrone, Parghelia, Drapia, Tropea, Ricadi, Coccorino, Joppolo e Nicotera lungo il tracciato della ex strada statale 522.


Le ipotesi accusatorie partono dalla gestione della progettazione dell’opera per arrivare alla sua approvazione da parte della direzione lavori e del responsabile del procedimento. Secondo quanto accertato dalla Guardia di finanza, in ben undici casi è stato dichiarato lo stato di avanzamento dei lavori che ha consentito, a favore dell’impresa aggiudicataria, il pagamento di importi nettamente superiori rispetto a quelli corrispondenti al valore dei lavori effettivamente realizzati. Per la Procura, quindi, le somme di ogni singolo stato di avanzamento lavori sarebbero state artatamente “gonfiate” concordando la percentuale da applicare di volta in volta e inserendo indebitamente lavori non previsti nel progetto iniziale, sul falso presupposto che fossero necessari per l’esecuzione a regola d’arte. Sarebbero anche emersi dei pagamenti effettuati dalla Provincia di Vibo utilizzando risorse finanziare destinate ad altri fini, stornando fondi da un capitolo di bilancio all’altro. I quattro imputati devono rispondere, a vario titolo, di truffa aggravata ai danni di un ente pubblico e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Antonino Scidà è difeso dall’avvocato Francesco Gambardella, Francesco Giuseppe Teti dall’avvocato Giuseppe Di Renzo, Antonio Francolino e Giacomo Consoli dall’avvocato Antonello Fuscà. Il processo inizierà dinanzi al Tribunale collegiale il 12 maggio 2020.

Giornalista
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