Scordovillo, uno sgombero senza fine

Sul campo rom più grande del Sud Italia pende dal 2011 un’ordinanza a cui non si riesce a dare seguito. Troppi i ‘comitati del no’ appena si tenta di allocare i cittadini di etnia rom in qualche zona della città. Presidi continui delle forze dell’ordine a San Pietro Lametino dove sono state trasferite 16 famiglie. L’invito del sindaco Mascaro a programmare una 'vera integrazione'
di Tiziana Bagnato
8 luglio 2016
16:06

Continua a fatica lo sgombero del campo rom di Scordovillo, il campo più grande del Sud Italia. Centouno le famiglie che al momento ci vivono, per un totale di 403 persone di etnia rom che vivono in condizioni di degrado, al limite della violazione dei diritti umani. Eppure, neanche il cambio di amministrazione comunale è riuscito a portare avanti quel decreto di sequestro prima e di sgombero dopo emanato nel 2011.

 


All’epoca nel campo, situato nel cuore di Lamezia Terme, vivevano 800 rom. Dopo i primi trasferimenti apparvero in tutta la loro evidenza le prime importanti criticità. Se da un lato era sempre più palese l’urgenza di liberare Scordovillo, diventato un focolaio di microcriminalità, bambini sottratti all’educazione scolastica e malattie, dall’altro nascevano ‘Comitati del no’ovunque venissero individuati luoghi per il trasferimento.

 

Come nel caso di San Pietro Lametino dove sono state trasferite 16 famiglie per un totale di circa 60 cittadini di etnia rom e dove la tensione sociale è arrivata a punte tali da costringere le forze dell’ordine a presidiare di continuo la zona.

 

La soluzione più immediata sembrerebbe quella dell’uso degli alloggi di edilizia popolare. L’Aterp, ha raccontato il sindaco Mascaro in un’intervista rilasciata a LaC, ne aveva contati inizialmente 114 ma, si scoprì poi, la cifra era falsata. Molti di questi erano occupati ma non erano stati registrati, altri erano occupati abusivamente, altri ancora non erano agibili.

 

Duro il giudizio del primo cittadino: “La comunità rom se non supportata adeguatamente non riuscirà ad integrarsi positivamente senza portare altri focolai di allarme sociale. Dobbiamo riuscire – ha aggiunto - a programmare un’integrazione vera, altrimenti porteremmo il degrado di Scordovillo altrove. In un anno di mia guida siamo riusciti dopo la mia denuncia e dopo gli arresti che ne sono seguiti, a fare sparire i fuochi alla diossina causati dall’incendio di pneumatici. Ma la situazione attuale non è civile e abbiamo il dovere – ha concluso - di garantire loro delle situazioni di vita accettabili insegnandogli il rispetto delle regole”.

 

Tiziana Bagnato

Giornalista
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