Ricordo sempre vivo

I figli del capitano Natale De Grazia: «Non sapremo mai la verità sulla sua morte senza l’interessamento della politica»

Giovanni e Roberto erano presenti sulla nave scuola Palinuro che ieri a Scilla ha voluto omaggiare il militare davanti al porto che presto sarà a lui intitolato:  «Con papà abbiamo imparato ad amare le navi della Marina, l'odore di questo legno ci ricorda l'infanzia» 

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di Anna Foti
7 agosto 2024
21:50

«Essere a bordo della nave Palinuro è un onore. L'omaggio che la nave scuola ha voluto rendere alla memoria di mio padre e l'avvio dell'iter di intitolazione del porto di Scilla sono iniziative veramente molto gradite. Nostro padre, in quanto ufficiale della Marina, aveva un legame particolare con queste navi e con i suoi equipaggi. Ringraziamo le associazioni per la loro proposta e il loro impegno. Che il tutto abbia in qualche modo avuto anche il suggello della Marina Militare, ci inorgoglisce particolarmente. A noi sta a cuore ciò che avrebbe voluto mio padre, ossia che fosse utile per non dimenticare mai che il mare è la vita e che come tale va preservato e difeso dall’inquinamento selvaggio di questo nostro tempo, segnato da disastri e da guerre. È necessario quindi trovare un equilibrio sopra tutta questa follia».

Così Giovanni De Grazia, figlio maggiore del capitano di Fregata della Marina Militare, Natale De Grazia, omaggiato a bordo della nave scuola Palinuro con il lancio in mare di 29 fiori bianchi come gli anni trascorsi dalla sua prematura scomparsa. Sulla nave con lui anche la moglie Annalisa con la figlia Diana e il fratello Roberto.


L'iniziativa fa il paio con il recente avvio dell'iter di intitolazione del porto di Scilla che, promosso dall'associazione Magna Grecia Outdoor e dalla sezione di Scilla dell'associazione nazionale Marinai d'Italia (Anmi), può già contare su una delibera della commissione straordinaria alla guida in questo momento dell'amministrazione comunale di Scilla.

Una morte ancora piena di interrogativi

Giovanni aveva solo dieci anni, e suo fratello Roberto otto, nel 1995 quando suo padre, elemento di punta del pool che con il procuratore Francesco Neri indagava sugli affondamenti di navi con carichi sospetti anche nei mari calabresi, partì alla volta della Spezia per motivi di indagine senza fare più ritorno. Fu colto da infarto. Una morte improvvisa per un trentanovenne prestante e in ottima salute che indagava su questioni spinose e scomode: le cosiddette "navi a perdere".

«In occasioni come questa noi riviviamo il percorso la vita e l’estremo sacrificio di nostro padre, la sua morte rimasta piena di interrogativi. Dobbiamo tanto alla Marina Militare che non ha mai permesso che mio padre fosse dimenticato. È rimasta sempre vicina a noi, perorando la nostra causa complicata e dai risvolti oscuri, implicata in misteri e intrighi internazionali mai svelati a pieno e mai chiariti. Tanto è stato scritto ma ciò che è sempre mancato è stato l’interessamento da parte della politica e di tutte le istituzioni coinvolte».

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Giornalista
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