Scalea, famiglie nella disperazione: «Dateci le case che ci spettano»

VIDEO | Tra i quaranta nuclei familiari che chiedono un diritto c'è anche quello di un bimbo operato quattro volte alla testa e in attesta di essere nuovamente sottoposto a intervento chirurgico

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di Francesca  Lagatta
14 gennaio 2019
22:38
Un appartamento da assegnare
Un appartamento da assegnare

Persone disperate, senza un lavoro, con menomazioni o figli piccoli, in attesa di essere operati, o che hanno subito lo sfratto esecutivo e tra poco potrebbero ritrovarsi sotto un ponte. Sono le storie di "Case al popolo", il comitato composto da 40 famiglie bisognose costituito a Scalea lo scorso 7 novembre.

«Non sappiamo più dove sbattere la testa - dice una donna -, non sappiamo se pensare ai nostri problemi di salute o assicurarci un tetto sulla testa. Non lo auguro nemmeno al peggior nemico quello che stiamo passando». «Le case ci sono - le fa eco un'altra - ma non sappiamo perché non le assegnano. Abbiamo mandato un elenco dettagliato alla Guardia di Finanza con la speranza che si possa fare luce sulla vicenda».


Le case "disponibili"

La rabbia di queste famiglie nasce dalla consapevolezza che il Comune di Scalea, guidato da Gennaro Licursi, avrebbe una cinquantina di appartamenti da destinare al sociale, a fronte di una quarantina di richieste. 14 di questi alloggi compaiono nell'elenco inviato alla Guardia di Finanza lo scorso 3 gennaio, i restanti sarebbero da individuare nei beni immobili confiscati alla mafia, le cui sorti sembrano avvolte da un alone di mistero.

Le case Aterp

Al Palazzo Pallamolla, in pieno centro storico, le case costruite con i fondi dell'edilizia sociale sarebbero sei, di cui quattro già ultimati. Di questo aspetto si è occupato Enzo De Vito, componente dell'associazione "Cara vecchia Scalea" che più volte ha incontrato l'ingegnere dell'Aterp. Il tecnico gli avrebbe riferito che in caso di mancata assegnazione degli appartamenti, i fondi per il completamento sarebbero andati persi. Contrariamente, in via ufficiale si attende invece il completamento di tutti i lavori per procedere con l'assegnazione degli alloggi. «Dove sta la verità?», si chiedono le famiglie.

«Guadagno 250 euro al mese e ho due figli piccoli»

Tra i componenti di "Case al popolo" c'è una donna che con il suo coraggio ha guidato la protesta. Maria, nome di pura fantasia, guadagna dai 180 ai 250 euro al mese, ha due figli piccoli, che cresce da sola e senza mantenimento dell'ex marito. Un anno fa, in preda alla disperazione, ha occupato un immobile comunale, ma il sindaco era subito intervenuto chiedendole di lasciare l'appartamento perché le assegnazioni degli alloggi popolari sarebbero avvenute di lì a poco, mediante regolare bando pubblico. Ma da allora nulla è cambiato. Così, dopo decine di lettere e denunce, ha deciso di costituire un comitato e coinvolgere dapprima sua cugina, poi un amico e così via, fino a che nel giro di poche ore ha messo in piedi un piccolo esercito di manifestanti, quasi tutti iscritti alle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi popolari.

Sfrattati e ignorati

Tra le quaranta famiglie ce ne sono tre che hanno già subito lo sfratto esecutivo e che prima di fine mese dovranno lasciare le abitazioni senza sapere dove andare. «Non lo so dove andrò a dormire il prossimo 23 gennaio - dice una madre affranta -, forse in una baracca. E' dal mese di marzo scorso che vado avanti e indietro dal Comune con gli avvisi di sfratto e nessuno mi ha aiutato. Sono disperata».

«Mio figlio operato quattro volte»

C'è anche la storia di un bambino operato quattro volte alla testa, che tra poco dovrà essere operato di nuovo, questa volta ad un occhio. I medici gli hanno vietato categoricamente di esporsi all'umidità, ma la casa in cui vive adesso non gli consente di curarsi. Dice sua nonna: «Mia figlia ha bisogno di una casa nuova, altrimenti mio nipote non potrà mai guarire». Poi le lacrime rigano il suo volto e il suo racconto si interrompe bruscamente.

«Ho una sola mano e pago e due bambine da crescere»

Ha una protesi attaccata all'avambraccio destro, che ha perso otto anni fa in un incidente sul lavoro, e oggi lavora come scaricatore di bibite, aiutandosi con una sola mano. «Sono disperato, ma non mi arrendo, sono loro che mi danno la forza - dice l'uomo mostrando la foto sul cellulare di moglie e due bimbe piccole -. La casa è un mio diritto e non mi fermo finché non me la daranno».

Il confronto con il sindaco

Esausti, i componenti di "Case al popolo" hanno chiesto un confronto con il sindaco. «Non gettiamo ombre su Licursi - precisa un componente del direttivo - ma vogliamo spiegazioni chiare e soprattutto vogliamo una data per continuare a sperare nel futuro». L'incontro con il primo cittadino si è tenuto in mattinata. 

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