L’inchiesta

Sanità e Appalti truccati a Catanzaro, si sgonfiano le accuse contro Antonio Armentano: revocata la misura cautelare

L'ex direttore di Neuroradiologia del Gom di Reggio Calabria è indagato per corruzione, tentata truffa e rivelazione di segreti, ma l'interrogatorio di garanzia è stato sufficiente per convincere il giudice a revocargli la sospensione dai pubblici uffici 

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di Marco Cribari
8 luglio 2024
14:55

Il gip dà, il gip toglie. Una massima che trova applicazione nel caso di Antonio Armentano, il già direttore d Neuroradiologia del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, indagato insieme ad altre ventotto persone nell’ambito dell’inchiesta in tema di appalti e sanità – nome in codice “Sartoria” - con le accuse di corruzione, tentata truffa e rivelazione di segreto d’ufficio. Per questo motivo, nei giorni scorsi, il medico era stato colpito da un provvedimento di sospensione dall’esercizio di pubblici uffici e servizi, ma è qualcosa che lui stesso può derubricare oggi alla stregua di brutto sogno. Non a caso, lo stesso giudice che aveva emesso la misura cautelare nei suoi confronti, l’ha revocata con effetto immediato.

Per convincerlo, è bastato l’interrogatorio di garanzia del diretto interessato, un passaggio procedurale che, nove su dieci, non giova in alcun modo all’indagato, ma che nel caso del professionista di origine cosentina, ha avuto un effetto determinante. In quella sede, infatti, Armentano, spalleggiato dal suo avvocato Franco Sammarco, ha provato a chiarire la propria posizione, partendo proprio dal presunto episodio di corruzione, relativo a uno degli appalti “incriminati e risalente al 2019, periodo in cui lui non era ancora componente del tavolo tecnico della Stazione unica appaltante calabrese. Un’operazione “verità” che, a conti fatti, gli è riuscita perfettamente, tant’è che il gip è tornato sui propri passi, riconoscendo l’insussistenza degli indizi raccolti a suo carico.


L’inchiesta “Sartoria”, nata sotto l’egida della Procura di Catanzaro, punta i riflettori su nove appalti pubblici del valore di trentatré milioni di euro. Agli indagati si contesta di averne turbato la regolarità. A bandirli, negli anni scorsi, erano state la Sua della Regione Calabria, l’Università di Catanzaro e le allora Ao “Pugliese-Ciaccio” e Aou “Mater Domini” oggi confluite nell’Aou “Dulbecco”.

Giornalista
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