San Ferdinando, si chiude il cerchio intorno alla “banda della Punto bianca”

Avrebbero un nome i quattro componenti del gruppo che in almeno due occasioni ha aggredito migranti nei pressi della tendopoli e nella periferia di Rosarno. Intanto, seppur con estrema lentezza, si intravede una prima soluzione allo sgombero del campo “lager”
di Agostino Pantano
18 settembre 2016
15:37

Nuove significative lentezze intorno all'emergenza tendopoli di San Ferdinando, e questa volta riguardano tanto l'operatività delle istituzioni quanto l'incisività dell'azione giudiziaria. A questo proposito si apprende che avrebbe avuto un primo esito l'indagine avviata l'inverno scorso dai carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, a seguito delle ripetute aggressioni patite da diversi migranti ospiti della struttura.

 


I militari guidati dal Maggiore Francesco Cinnirella sono riusciti a risalire in tempi record ai sospetti esecutori dei raid contro i braccianti africani, denunciando all'autorità giudiziaria 4 persone - fra cui dei minori di Rosarno e un cittadino dell'Europa dell'Est che vive nella cittadina della Piana - che rimangono in attesa dei provvedimenti della Procura di Palmi.

 

L'indagine, condotta dai carabinieri della Stazione di San Ferdinando e allargata ai colleghi della Tenenza di Rosarno, furono avviate nei momenti di massima tensione sociale verificatisi tra il dicembre e il gennaio scorso, quando da più parti venne ventilato il rischio dello scoppio di una “nuova rivolta dei neri” come reazione alle ripetute azioni di un commando che per motivi imprecisati più volte aveva preso di mira i lavoratori. 

 

Secondo i carabinieri, dunque, avrebbero un nome i componenti della cosiddetta “banda della Punto bianca”, giovinastri che in qualche caso anche armati di spranghe hanno aggredito in almeno due occasioni i migranti nei pressi della tendopoli e nella periferia di Rosarno, lungo la statale che collega la provincia di Reggio Calabria con quella di Vibo Valentia, vicino al ponte sul fiume Mesima. L'investigazione dei carabinieri, finita già nella primavera scorsa, mossa tempestivamente anche dalla necessità di disinnescare una bomba sociale che sembrava pronta a esplodere - e tesa a tranquillizzare gli ospiti della tendopoli circa l'opera di prevenzione di altri reati a sfondo razziale - potrebbe avere ora come sbocco l'attesa adozione di una qualche misura restrittiva nei confronti dei quattro sospettati.

 

Ma di altre lentezze sembra afflitta la “questione migranti” e, in questo caso, l'effetto dei tempi lunghi pare pregiudicare gli obiettivi del protocollo siglato lo scorso febbraio in prefettura allo scopo di smantellare l'attuale tendopoli per costruirne una nuova in un'area adiacente nella zona industriale del porto di Gioia Tauro. Secondo alcune indiscrezioni filtrate da recenti riunioni operative, la scelta di non sgomberare la struttura fatiscente nei mesi estivi - quando più basso era il numero degli ospiti e minore poteva essere il rischio di una resistenza al trasloco forzato - potrebbe portare alla decisione di installare il nuovo accampamento lasciando aperto, almeno durante la stagione agrumicola ormai alle porte, anche l'attuale campo che è tuttora privo di ogni controllo e di servizi.

 

Dall'ottobre prossimo, cioè, si avrebbero due strutture di cui una, ancora da realizzare per 456 posti, con tende nuove e servizi igienici pagati con fondi comunali e regionali (300.000 euro della Protezione civile), mentre l'altra - oggi degradata e definita “lager” perché priva di un presidio strutturato delle associazioni di volontariato - rimarrebbe in piedi in vista dello svuotamento da pianificare, forse nella prossima primavera. Tutto questo per via dei ritardi con cui si sta applicando il protocollo prefettizio del febbraio scorso.

Giornalista
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