“Romanzo criminale”, condanne confermate e assoluzioni ribaltate in appello

Regge il reato di associazione mafiosa per il clan Patania che per la prima volta viene riconosciuto come gruppo di stampo mafioso operante su Stefanaconi

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di G. B.
1 marzo 2019
18:17
Un’aula di tribunale
Un’aula di tribunale

Sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro nel processo nato dall’operazione “Romanzo criminale” contro il clan Patania di Stefanaconi. Confermate tutte le condanne della sentenza di primo grado, ma ribaltate anche tutte le assoluzioni in accoglimento dell’appello del pm della Dda, Andrea Mancuso. Questa la sentenza: Giuseppina Iacopetta (vedova di Fortunato Patania): 14 anni; Saverio Patania: 15 anni; Salvatore Patania: 15 anni; Giuseppe Patania: 16 anni; Nazzareno Patania: 12 anni; Bruno Patania: 9 anni (in primo grado era stato assolto per non aver commesso il fatto e perchè il fatto non sussiste); Andrea Patania (cugino dei cinque fratelli Patania): 9 anni (12 anni); Caterina Caglioti (moglie di Nazzareno Patania): 12 anni; Nicola Figliuzzi (collaboratore di giustizia): 4 anni e 6 mesi per concorso esterno (assolto per non aver commesso il fatto in primo grado); Cristian Loielo: 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (assolto in primo grado); Alessandro Bartalotta: 10 anni; Francesco Lopreiato: 10 anni per associazione mafiosa (assolto in primo grado). Non luogo a procedere per Cosimo Caglioti (13 anni in primo grado) in quanto si è suicidato in carcere il 23 maggio scorso.

 


La sentenza di primo grado - che è stata ora riformata dalla Corte d’Appello - era stata emessa dal Tribunale di Vibo Valentia il 12 marzo 2017. La camera di consiglio (presidente Lucia Monaco, ora trasferita alla Corte d’Appello di Reggio Calabria) era durata quasi sei ore. Le assoluzioni decise dal Tribunale di Vibo Valentia si sono però tutte tramutate in pesanti condanne in Corte d’Appello a Catanzaro, presieduta dal giudice Loredana De Franco. Regge, dunque, il reato di associazione mafiosa per il clan Patania che, per la prima volta, viene riconosciuto come gruppo di stampo mafioso operante su Stefanaconi.


Il procedimento nasce dagli esiti di una complessa ed articolata attività di indagine condotta dai militari del Roninv dei carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia che ha preso le mosse da molteplici fatti omicidiari consumati tra settembre 2011 e luglio 2012 nella provincia di Vibo Valentia, in relazione ai quali sono stati celebrati distinti processi a Catanzaro nell’ambito dell’operazione c.d. “Gringia”. Alla morte di Fortunato Patania (ucciso nel settembre 2011 dal clan dei Piscopisani), i figli – seppure formalmente non battezzati nella ‘ndrangheta per via della faida in corso con i Piscopisani – avrebbero preso “parte attiva all’associazione mafiosa, riconosciuti nel contesto criminale locale quali responsabili di Stefanaconi e stretti alleati del boss Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni, che avrebbe finanziato con 100mila euro la guerra di mafia contro il clan dei Piscopisani provvedendo al reperimento delle armi da fuoco”.


Associazione mafiosa, usura, estorsione, danneggiamenti, detenzione e porto illegale di armi da fuoco i reati, a vario titolo, contestati agli imputati. Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati: Sergio Rotundo, Enzo Galeota, Antonio Lomonaco, Francesco Capria (per Loielo e Salvatore Patania), Costantino Casuscelli, Salvatore Staiano (per Lopreiato unitamente all'avvocato Casuscelli), Gregorio Viscomi, Tiziana Barillaro, Loredana Gemelli (per Nicola Figliuzzi) Strazzullo, Giovanni Oliverio. Parti civili il Comune di Stefanaconi e la Provincia di Vibo Valentia (avvocati Daniela Fuscà e Rino Rocchetto), la Regione Calabria, Sos Impresa e Gerardo Caparrotta.

Giornalista
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