Quattordici anni fa spariva Santo Panzarella

Uno dei più grandi casi irrisolti di lupara bianca. Nessuno sta pagando dietro le sbarre e quella clavicola considerata l’unica sua presenza materiale rimasta sulla terra, per i periti potrebbe essere di chiunque
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di Tiziana Bagnato
25 luglio 2016
10:16

Era il luglio di 14 anni fa di un pomeriggio d’estate afoso e torrido quando un ragazzo di nemmeno trenta anni, Santo Panzarella scompariva nel nulla, inghiottito dai silenzi dell’omertà e da quelli dell’onore. In poche parole, scelto dalla lupara bianca. A distanza di 14 anni, anche ora che tanti elementi sono stati raccolti su quella sparizione, sul perché Santo fu ucciso e fatto scomparire, la madre Angela Donato, non ha un corpo su cui piangere. La violenza più grande è forse questa e la ‘ndrangheta lo sa bene.


Santo Panzarella fu fatto sparire perché intratteneva una relazione sentimentale con la moglie di un boss all’epoca dietro le sbarre. Si trattava di Rocco Anello. Alla ricostruzione e alla dinamica dell’omicidio si arrivò grazie alle rivelazioni di un pentito che avrebbe assistito all’uccisione. Lo stesso che indicò anche gli esecutori.



Vennero così arrestate tre persone, Tommaso Anello, che avrebbe architettato l’omicidio per vendicare l’onore del fratello e Vincenzino e Giuseppe Fruci, con le accuse di omicidio e distruzione di cadavere aggravate dal 416 bis.


Ma Santo non era completamente estraneo a quegli ambienti. E’, infatti, considerato affiliato alla cosca Anello di Filadelfia. Il giovane sarebbe stato attirato con una scusa in un’area della zona industriale ex Sir di Lamezia e qui gli sarebbe stato sparato un colpo di pistola in pieno viso. Ancora vivo sarebbe stato caricato nel bagagliaio di un’auto, per poi essere finito altrove. Il corpo sarebbe stato fatto a pezzi per renderlo irriconoscibile. Le ricerche compiute grazie alle imbeccate del collaboratore di giustizia portarono nel 2006 al ritrovamento di una clavicola in un torrente che confluisce nel lago dell’Angitola.


Un osso, a questo si aggrappava la madre Angela Donato per avere giustizia. La donna divenne una vera e propria icona. Non solo per il coraggio e la forza con cui tentò in tutti i modi di non fare mai calare il silenzio sulla scomparsa del figlio, ma anche per come non esitò a rivelare tanti e diversi aspetti delle dinamiche di ‘ndrangheta di cui era a conoscenza, aprendo in alcuni casi dei veri e propri squarci in scatole chiuse fino ad allora solo sfiorate.


Grande fu la delusione quando i periti affermarono che la clavicola era certamente di un essere umano, ma non aveva con sé elementi che potessero ricondurla a Santo. Ma non solo. I tre imputati vennero assolti per non avere commesso il fatto nel 2009. Un colpo al cuore per Angela Donato che nel 2011 riprese a scavare a mani nude nella zona dell’Angitola per trovare i resti del figlio.

 

Tiziana Bagnato

Giornalista
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