Poste, la denuncia: «Graduatorie di trasferimento ferme e duecento calabresi in attesa»

A parlare è un esponente del Comitato Lavoratori Postali in attesa di Mobilità Volontaria. Padri e madri costretti a stare lontani da familiari, spesso bisognosi di assistenza, che da mesi aspettano invano di potersi avvicinare ai propri luoghi di residenza

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3 novembre 2018
18:41

«Nella sola Calabria sono circa 200 i dipendenti di Poste Italiane che hanno fatto domanda di Trasferimento per tornare nelle propria terra. Siamo inseriti in una graduatoria nazionale che purtroppo è ferma in un cassetto. Siamo tutti dipendenti che anche da una decina di anni fanno sacrifici con situazioni familiari a volte davvero difficili. Madri e padri costretti a vivere lontano dai propri figli e affetti. Nel mio caso specifico ho una moglie e una figlia di 3 anni in Calabria, ma io sono costretto a lavorare in Lombardia».

 


Francesco Costanzo è uno dei membri del Comitato Lavoratori Postali in attesa di Mobilità Volontaria che, insieme ad altri cinquemila, da tempo aspetta di potere rientrare nella sua terra.

 


«Molte volte abbiamo letto in Calabria di appelli dei sindacati per la grave mancanza di personale. Mai una volta questi stessi sindacati si sono preoccupati di accennare la problematica dei trasferimenti mai attuati e delle centinaia di lavoratori che stanno cercando di tornare nella propria terra. Tante volte invece – fa notare Costanzo - abbiamo sentito questi stessi sindacati fare appelli per le assunzioni di nuovo personale, come se non fosse più logico procedere prima ai trasferimenti e solo dopo alle assunzioni».

 


«Anche questa è una problematica sociale, soprattutto in un momento in cui tanti giovani sembrano voler andare via dalla Calabria. Per tanti giovani che vogliono andare via ci sono invece i lavoratori di Poste Italiane che hanno famiglie ancora in Sicilia e vorrebbero solo riavvicinarsi a loro. Ci sono poi tanti casi gravi dipendenti con legge 104 che hanno un familiare che dovrebbero assistere – denuncia ancora il lavoratore- ma anche in questo caso non si vedono riconoscere un legittimo trasferimento».

 


«Su 5000 dipendenti a livello nazionale si parla di soli 400 trasferimenti, e su circa 200 dipendenti calabresi solo 13 forse riusciranno a tornare a casa».

 

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