‘Ndrangheta, il pm Lombardo: «Ricevo minacce ogni giorno ma non mi fermerò mai»

In un’intervista al giornale tedesco Bild, il procuratore antimafia ha inoltre spiegato di aver scelto questa strada per continuare la tradizione familiare di lotta alla criminalità
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di Redazione
2 maggio 2018
12:29
Giuseppe Lombardo
Giuseppe Lombardo

Riceve minacce ogni giorno, ma intende andare avanti sull'esempio di Falcone e Borsellino, il pm antimafia Giuseppe Lombardo, che ha rilasciato un'intervista alla Bild di oggi. Al tabloid di Axel Springer, che apre l'edizione quotidiana con il titolo "Dal cacciatore di mafiosi più tosto del mondo", Lombardo, raggiunto a Reggio Calabria, spiega inoltre che l'infiltrazione della 'ndrangheta in Germania è un fenomeno sottovalutato dalle istituzioni tedesche. Descrive quindi la struttura gerarchica e militare delle cosche calabresi, che hanno il loro quartier generale a San Luca.


«Nelle decisioni importanti, che vivano in Germania, Sudamerica o in Australia, il sì o il no arriva comunque sempre da San Luca», afferma spiegando poi che la 'ndrangheta si è divisa la Germania per famiglie e per regioni. Lombardo «fa male alla mafia», scrive infine la Bild, spiegando che da anni toglie i bambini alle famiglie malavitose, i padri dei quali finiscono in carcere o fuggono all'estero.
«Le famiglie sono le strutture basilari della 'ndrangheta. I bambini non possono non diventare mafiosi. Noi diamo loro una chance di scegliere un'altra vita. Ma i padrini odiano quando ci si avvicina alle loro famiglie. Questo ha fatto inasprire le minacce nei miei confronti», aggiunge.



«Ricevo così tante minacce, che non riesco neanche più a contarle - racconta a riguardo. Una volta un proiettile, una volta una lettera minatoria, un'altra trovano sul mio percorso un'autobomba. Ma io non ho mai pensato di rinunciare. Non succederà mai. Mai! Chi lotta contro la mafia e contro i suoi boss deve sapere quale rischio corra. Io l'ho deciso volontariamente. Più difficile è per la mia famiglia. I miei figli di 6 e 8 anni crescono con militari e bodyguard. Questo è il prezzo».


La sua missione ha origine nella storia familiare: «Mio padre era procuratore, mio nonno anche. Perciò già da bambino avevo la sensazione che si dovesse combattere, perché la 'ndrangheta qui controlla tutto. La mafia blocca lo sviluppo, le persone non possono svilupparsi liberamente. E io ho preso la mia decisione in un periodo in cui venivano continuamente rapite persone. Mi era già chiaro da giovane: cose del genere non devono succedere».

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