Ucciso in pieno centro a Siderno, ergastolo per l'omicidio Cordì

La corte d'appello ha condannato al carcere a vita Michele Curciarello. Per i giudici, ad aprire il fuoco, fu proprio lui

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di Ilario  Balì
19 marzo 2019
06:34

Colpo di scena a Reggio Calabria. La corte d’Assise d’Appello ha condannato all’ergastolo Michele Curciarello, ultimo imputato per l’omicidio di Salvatore Cordì, alias “u cinesi”, assassinato in pieno centro a Siderno il 31 maggio del 2005 all’incrocio tra Via Cesare Battisti e Via della Conciliazione. Per i togati reggini, che hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Adriana Fimiani, a premere il grilletto in quel pomeriggio di primavera è stato proprio Curciarello, per il quale adesso si aprono le porte del carcere a vita.

 


La posizione di Curciarello è stata più volta esaminata dai giudici e la condanna di ieri è arrivata dopo una serie di annullamenti con rinvio, disposti dalla Cassazione, per l’imputato che da qualche tempo è a piede libero in quanto sono decorsi i termini custodiali. Secondo l’inchiesta, condotta dal pm antimafia Antonio De Bernardo (oggi in forza alla Dda di Catanzaro) l’omicidio Cordì è da inquadrare nelle sanguinose guerre di mafia tra i clan Cordì e Cataldo, riacutizzate nel 2005 con una serie di fatti delittuosi consumati sulla jonica reggina dopo un periodo di apparente calma. Per l’Antimafia dello Stretto questo delitto sarebbe stata la "risposta" all'agguato in cui perse la vita Giuseppe Cataldo, classe 1969, cugino di Antonio Cataldo, ucciso il 15 febbraio del 2005 dinnanzi alla propria abitazione.Inoltre, Curciarello avrebbe avuto anche un movente personale perché uccidendo il "Cinese" avrebbe rivendicato l'omicidio del cognato Pietro Caccamo, a sua volte fratellastro di Giuseppe Cataldo, ucciso, secondo la 'ndrina ,sempre dagli storici avversari.

Per l’assassinio del “cinese” finirono a processo anche Antonio Cataldo, classe 1956, detto "papuzzedda", che era ritenuto il mandante, ed eseguito materialmente, oltre che da Michele Curciarello, anche da Antonio Martino con la complicità di Domenico Zucco e Antonio Panetta. Cataldo ( l’unico che scelse di essere giudicato in abbreviato) Martino, Zucco e Panetta, peró stati assolti in via definitiva dalla Suprema Corte.

Giornalista
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