Calabria Etica, nuovi indagati (NOMI)

Nel mirino della procura anche la commissione esaminatrice e i membri dei revisori dei conti
di Gabriella Passariello
12 dicembre 2015
14:06

 

Si allarga l’inchiesta sugli incarichi clientelari in Calabria etica. Incarichi che avrebbero consentito di fagocitare all’interno dell’ente in house della Regione Calabria una miriade di assunzioni. Dopo gli avvisi di garanzia spediti all’ex leader Pasqualino Ruberto e al dirigente regionale Vincenzo Caserta, altre 11 persone sono finite nel mirino del sostituto procuratore della Repubblica Graziella Viscomi.

Sotto accusa otto componenti delle commissioni selezionatrici nominate per il reclutamento del personale e di tre membri dei revisori dei conti della Fondazione, che a vario titolo rispondono di abuso di ufficio in concorso con Ruberto e di omissioni in atti di ufficio, invitati a presentarsi in Procura la prossima settimana per essere interrogati.

Si tratta di Gabriele Tadiana, Sonia Libico, Ulisse Mancari, Francesco Avolio, Michele Parise, Patrizia Nicolazzo, Maria Francesca Cosco, Massimiliano Vena, Antonello Catanese, Domenico Pisano e Maurizio Scerra.  

Verranno sentiti anche Ruberto, assistito dal legale Francesco Pagliuso e Caserta codifeso dagli avvocati Vincenzo Crescenzio e Francesco Iacopino. La Commissione avrebbe violato tutta una serie di disposizioni normative e costituzionali con la complicità dell’ex leader di Calabria Etica, favorendo ingiustificatamente alcune persone piuttosto che altre.  Sotto la lente di ingrandimento l’assunzione di 251 collaboratori effettuate anche a fini clientelari a ridosso delle elezioni al Consiglio regionale e delle amministrative comunali del 2015 di Lamezia Terme, dove Ruberto, oggi consigliere di opposizione era candidato a sindaco. Peculato e diverse ipotesi di abuso di ufficio sono i reati contestati a carico dell’ex leader di Calabria etica che gli sono costati un sequestro di oltre 361mila euro, mentre Caserta che risponde solo di abuso di ufficio si è visto notificare una richiesta di interdizione dai pubblici uffici, bocciata poi dal gip, perché nel frattempo si era dimesso dal suo incarico.

Gabriella Passariello


 

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