‘Ndrangheta nel Vibonese, omicidio Matina: tre ergastoli

Emessa la sentenza del processo in abbreviato dinanzi al gup di Catanzaro. Due le assoluzioni e una condanna a 20 anni
di Redazione
11 settembre 2017
13:55

Tre condanne all’ergastolo ed una a 20 anni di reclusione. Questa la sentenza del gup distrettuale di Catanzaro nei confronti degli imputati per il tentato omicidio e poi per l’omicidio di Giuseppe Matina, detto “Gringia”, di Stefanaconi. Il processo si è svolto con rito abbreviato che ha consentito lo sconto di pena pari ad un terzo in caso di condanna. “Sconto” che in questo caso è valso solo la mancata condanna all’isolamento diurno per gli imputati nei cui confronti è stato inflitto il carcere a vita. Ergastolo per i fratelli Giuseppe Patania (cl. ’80); Saverio Patania (cl. ’76); Salvatore Patania (cl. ”78), tutti figli di Fortunato Patania. Condannato a 20 anni di reclusione Nicola Figliuzzi (cl. ’90) di Sant’Angelo di Gerocarne, nei cui confronti la mrichiesta di pena formulata dal pm Camillo Falco ammontava invece a 30 anni.

Le assoluzioni

Assolti: Giuseppina Iacopetta (cl. ’54), vedova del boss di Stefanaconi, Fortunato Patania; Nazzareno Patania (cl. ’73), altro figlio di Fortunato Patania e Giuseppina Iacopetta.


Le accuse di tentato omicidio

I Patania e Giuseppina Iacopetta sono tutti accusati del tentato omicidio di Giuseppe Matina, commesso a Stefanaconi il 27 dicembre 2011, mentre Figliuzzi avrebbe partecipato alle riunioni, unitamente ai mandanti, in cui è stato pianificato l’agguato poi non andato a buon fine per cause indipendenti dalla volontà degli autori. Quali esecutori materiali del tentato omicidio di Giuseppe Matina – all’epoca marito di Loredana Patania, nipote di Fortunato Patania e poi passata con lo schieramento dei cugini e della zia Iacopetta – vengono indicati Cosimo Caglioti di Sant’Angelo di Gerocarne, parente dei Patania, e Francesco Lopreiato, per i quali si è proceduto con un separato giudizio unitamente a Alex Loielo, pure lui di Sant’Angelo di Gerocarne, e Alessandro Bartalotta che avrebbe avvertito – secondo l’accusa – i componenti del gruppo di fuoco dell’arrivo della vittima che si trovava a bordo della propria Fiat 500 lungo la strada provinciale “Stefanaconi-Varì”. Agli imputati viene contestata anche l’accusa di detenzione illegale del fucile caricato a pallettoni con il quale è stato compiuto il tentato omicidio. L’ultima accusa riguarda il furto della’autovettura, una Fiat Panda, usata per il fallito agguato.

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