‘Ndrangheta: gli affari fra i clan Alvaro e Piromalli spiegati dal pentito Mantella

La storia della consorteria di Sinopoli e l’alleanza con il clan di Gioia Tauro. I contrasti con i Molè e la gestione del Porto
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di G. B.
21 maggio 2018
13:18
Andrea Mantella
Andrea Mantella

Finiscono anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Andrea Mantella, nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Guardiano” contro il potente clan Alvaro di Sinopoli che vede sul banco degli imputati i fratelli Nicola ed Antonio Alvaro, di 72 e 48 anni, e Natale Cutrì, 48 anni. Rapporti datati quelli fra gli Alvaro ed i clan del Vibonese, solo in parte conosciuti da Andrea Mantella ma comunque molto utili all’accusa sostenuta dal pm della Dda di Reggio Calabria, Giulia Pantano. “Conosco alcuni componenti della famiglia Alvaro di Sinopoli poiché gli Alvaro - sottolinea Mantella - sono una delle famiglie più importanti della ‘ndrangheta e avevano rapporti con le cosche del Vibonese”, i Mancuso di Limbadi e i Lo Bianco di Vibo Valentia, “nonché sono a conoscenza di un’alleanza saldissima fra gli Alvaro ed i Piromalli ed anche con la famiglia mafiosa dei Crea di Rizziconi”. 

 


Andrea Mantella ricorda quindi di aver conosciuto Domenico Alvaro nel carcere di Torino “quando mi disse - ricorda il pentito - che suo padre aveva il comando assoluto della cosca Alvaro. Mi disse anche che il padre non approvava il vecchio Mandamento ed era più azionista rispetto agli altri Alvaro”. Domenico Alvaro avrebbe inoltre raccontato ad Andrea Mantella che “suo padre era andato in contrasto con gli altri zii che invece erano in affari coi Piromalli sul porto di Gioia Tauro”. Andrea Mantella spiega così di aver “conosciuto Domenico Alvaro, figlio di Carmine Alvaro, detto “U Cupertuni”, poiché Domenico Alvaro aveva condiviso con Rocco Molè a Spoleto la detenzione in regime di 41 bis”. E’ in tale periodo di comune detenzione che Andrea Mantella sarebbe venuto a conoscenza dei propositi scissionisti del clan Molè di Gioia Tauro dai cugini Piromalli. “Domenico Alvaro, durante la comune detenzione, mi disse che Rocco Molè si doleva del comportamento dei Piromalli e che stava elaborando progetti scissionisti e comunque espansionistici nel panorama criminale di Gioia Tauro”. Su Nicola Alvaro, detto “Cola u zoppu”, il collaboratore di giustizia di Vibo Valentia spiega infine di essergli stato indicato come uno “ndranghetista degli Alvaro, alleato dei Piromalli. Per noi vibonesi - ha messo a verbale Andrea Mantella - Nicola Alvaro era alleato negli affari con i Piromalli di Gioia Tauro. Sinergia criminale fra i due clan intensificata dopo l’omicidio di Rocco Molè”,ucciso in contrada Ciambra a Gioia Tauro all’età di 42 anni l’1 febbraio del 2008. 

Il ruolo nella ‘ndrangheta degli Alvaro

 Si tratta di uno dei casati di ‘ndrangheta storici e fra i più potenti in Calabria e non solo. Quella degli Alvaro è una vera e propria dinastia mafiosa ai più alti livelli dell’intera organizzazione criminale calabrese. La loro ascesa inizia nel 1945 dopo una faida. Gli Alvaro vengono sostenuti nella faida di Sinopoli dalle famiglie Forgione e Violi, tutti schierati contro i Filleti-De Angelis-Orfeo.Dopo l’omicidio di Giuseppe Filleti, la faida riesplode violentemente nel 1964 per proseguire fino al 1967. Da allora nessuno ha più messo in discussione il potere mafioso degli Alvaro. Negli anni Settanta, unitamente ad altro ramo della “famiglia” Alvaro residente nel vicino comune di San Procopio, vengono coinvolti in diversi sequestri di persona: fra le vittime Saverio Luppino, Francesco De Cicco, Antonino Abenavoli, Rocco Lo Faro, Osvaldo Ferretti, Emanuele Rinciari. Con il denaro proveniente dal riscatto dei sequestrati, gli Alvaro entrano da protagonisti nel traffico internazionale di droga, stabilendo rapporti e collegamenti anche con l’Australia (Sidney, Canberra ed Adelaide) dove negli anni ’60 e ’70 sono emigrati diversi componenti della “famiglia” Alvaro divenuta la più potente nella terra dei canguri.

 

Gli Alvaro sono presenti anche a Roma dove di recente gli sono stati sequestrati e confiscati diversi beni fra cui storici bar nel centro della Capitale, mentre diramazioni del clan si trovano anche nel Bolognese, a Milano, Pistoia, Firenze, Torino, Ivrea, Ancona e Latina. In passato, un elemento di spicco del clan Alvaro avrebbe coltivato interessi nel settore turistico anche nel Vibonese nella zona a cavallo dei territori di Parghelia e Zambrone. Lo storico patriarca del clan, Domenico Alvaro, secondo i collaboratori di giustizia Giacomo Lauro e Filippo Barreca, avrebbe inoltre avuto un ruolo decisivo per far siglare la pace fra gli schieramenti dei De Stefano-Tegano-Libri-Latella-Fontana impegnati a Reggio Calabria nella seconda guerra di mafia contro il “cartello” dei Condello-Imerti-Rosmini-Serraino che dal 1985 al 1991 ha lasciato sul campo oltre 700 morti ammazzati. Negli anni Novanta la cosca si è divisa in due rami: uno guidato da Carmine Alvaro (alias “Carni i cani”), l’altro da Antonio Alvaro (detto “Testazza” o “Cuda longa”). Da sempre il clan Alvaro è alleato all’altro casato mafioso più potente dell’intera Calabria: i Piromalli di Gioia Tauro che avrebbero permesso alla cosca di Sinopoli di “entrare” pure negli affari legati alla gestione mafiosa del Porto. Altro storico legame gli Alvaro vantano pure con i clan Tegano e De Stefano di Archi. 

Giornalista
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