‘Ndrangheta, l’omicidio Franzoni a Vibo risolto dai pentiti

Andrea Mantella, Raffaele Moscato, Giuseppe, Pasquale e Domenico Giampà permettono ai magistrati di “inchiodare” killer e mandanti
di G. B.
14 luglio 2017
17:50
Questura di Vibo Valentia
Questura di Vibo Valentia

Sono le ore 11.07 del 21 agosto 2002 quando alla centrale operativa del Comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia arriva una telefonata da parte del vigile urbano Guido Maduli che segnala una sparatoria a Porto Salvo all’altezza del bivio per Triparni. Sul posto si precipitano immediatamente i militari dell’Arma della Stazione di Vibo Marina ed i colleghi della Radiomobile, trovando una Fiat Punto intestata a Carmelo Franzoni, padre dell’ucciso Mario Franzoni. Quest’ultimo non viene trovato nell’auto, mentre il vetro dello sportello anteriore lato guida si presentava infranto. Intanto, alle ore 11.20, all’ospedale di Vibo Valentia giungeva, già esanime, Mario Franzoni, trasportato dal fratello Luciano. Sei i colpi di pistola calibro 9 che hanno attinto la vittima.

 


I retroscena del delitto Franzoni

 

Mario Franzoni era tornato a Porto Salvo per le ferie attardandosi nel rientro, tanto che la moglie al momento dell’omicidio aveva già fatto rientro a Mariano Comense. Il ritardo nella partenza era dovuto al recupero di 300 euro che Franzoni doveva percepire da Tommaso Calello (cl. ’60), di Spilinga, quest’ultimo coinvolto nel luglio 2010 nel troncone lombardo dell’operazione “Crimine”.

 

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La carcassa dello scooter con cui è stato consumato l’omicidio è stata invece rinvenuta il 22 agosto in località Troio di Triparni. Il motociclo di marca Aprilia risultato rubato si presentava bruciato e con all’interno del sedile una pistola calibro 7,65, pure questa arsa dal fuoco. Lo scooter era stato rubato in via Popilia a Vibo l’11 agosto 2002.

 

Le dichiarazioni del pentito Giuseppe Giampà

 

Il primo a riferire dell’omicidio è stato Giuseppe Giampà, collaboratore di giustizia di Lamezia Terme e già al vertice dell’omonimo clan insieme al padre Francesco, alias “Il Professore”. Giampà spiegava che l’omicidio era stato ordinato da Andrea Mantella e Francesco Scrugli per conto della cosca Lo Bianco. L’autore materiale dell’omicidio, secondo il pentito, sarebbe stato Domenico Giampà che aveva utilizzato una pistola calibro 9 short a nove colpi monofilare. Per portare a termine l’omicidio era stato utilizzato uno scooter guidato da Enzo Giampà, pure lui di Lamezia Terme. In precedenti tentativi non andati a buon fine – secondo le dichiarazioni di Giuseppe Giampà – vi sarebbe stato a bordo dello scooter Domenico Chirumbolo, detto “U Batteru”. Ad avviso di Giuseppe Giampà, il mandato omicidiario di uccidere Mario Franzoni sarebbe pervenuto pure dal boss Carmelo Lo Bianco, detto Piccinni”. In cambio dell’omicidio il gruppo criminale di Mantella e Scrugli avrebbe dovuto ammazzare Pasquale Torcasio, detto “Carrà” o “Ciccio bello”, ed anche Francesco Zagami, entrambi ritenuti esponenti del clan Torcasio di Lamezia Terme, cosca avversaria dei Giampà. Tali ultimi omicidi ai danni dei lametini dovevano essere compiuti – secondo Giuseppe Giampà – da Francesco Scrugli e Salvatore Mantella.

 

Per leggere le dichiarazioni dei pentiti Giampà, Moscato e Mantella vai su Il Vibonese: Operazione “Outset”: ecco tutti i retroscena dell’omicidio Franzoni a Porto Salvo

Giornalista
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