‘Ndrangheta: il pentito Mantella e le alleanze fra i clan di Vibo e Sinopoli

Il collaboratore di giustizia spiega al pm della Dda di Reggio Calabria, Giulia Pantano, le dinamiche criminali fra le due consorterie mafiose
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di G. B.
23 maggio 2018
15:40
Il pentito Andrea Mantella
Il pentito Andrea Mantella

Solidi legami fra il clan Lo Bianco di Vibo Valentia e gli Alvaro di Sinopoli. Sono i nuovi verbali di Andrea Mantella, ascoltato dal pm della Dda di Reggio Calabria Giulia Pantano, a svelare in parte lo storico rapporto fra le due consorterie mafiose. Rapporti datai nel tempo e fortificati da “affari” in comune, da visite in segno di “rispetto” fatte dai vibonesi nei confronti della potente consorteria del reggino e da un soggiorno obbligato nella città di Vibo Valentia da parte del patriarca del clan che ha ulteriormente saldato le due cosche. «Gli Alvaro sono i pilastri della ‘ndrangheta - spiega Mantella al magistrato - e risale al 2000 la conoscenza nel carcere di Rebibbia di Carmine Alvaro detenuto per un sequestro di persona. Ha scontato 16 anni di reclusione. Lo frequentai anche dopo la scarcerazione a Roma. Ho conosciuto - aggiunge il collaboratore di giustizia - altresì Palamara che è stato latitante». 

 


Le conoscenze di Andrea Mantella sui principali esponenti della “famiglia” Alvaro non finiscono qui. «Conosco anche Francesco Alvaro - fa mettere a verbale Mantella - che lavorava alla Regione Calabria e faceva manutenzione ad un acquedotto. Mi pare avesse un veicolo Bmw e ricordo che andava a lavorare a Lamezia. Ho conosciuto Peppe Alvaro, figlio di Micu U scagghiuni». Si tratta di Domenico Alvaro, deceduto il 26 luglio del 2010 nel suo letto all’età di 85 anni, finito anche fra gli indagati della storica operazione “Crimine”della Dda di Reggio Calabria. Si tratta del patriarca dell’omonimo clan di Sinopoli, un personaggio che, secondo altri collaboratori di giustizia del Reggino, sarebbe stato il “garante” della pax mafiosa siglata nel 1991 fra gli opposti schieramenti ‘ndranghestistici dominanti nella città di Reggio Calabria. Cartelli mafiosi che con i De Stefano-Tegano-Libri, schierati contro gli Imerti-Condello-Rosmini-Serraino, dal 1985 al 1991 hanno provocato oltre 700 morti ammazzati.

 

Domenico Alvaro qualche anno prima della morte era stato mandato al soggiorno obbligato nella città di Vibo Valentia e, secondo le inedite rivelazioni di Andrea Mantella, sarebbe stato proprio “Micu Scagghiuni a conferire doti “particolari” di ‘ndrangheta  ai componenti della famiglia mafiosa dei Lo Bianco, tipo il medaglione”.Una carica, quella di “diritto e medaglione” che nel Vibonese avrebbero detenuto sino a quel momento solo pochi personaggi dei clan Mancuso, Fiarè e Vallelunga. «Agli inizi degli anni 2000, quando ero in semi libertà, ricordo - sottolinea Mantella - andavo insieme al mio capo Carmelo Lo Bianco ad omaggiare don Micu Scagghiuni che aveva degli obblighi e viveva a Vibo nei pressi della vecchia struttura carceraria». Rapporti con gli Alvaro, secondo il collaboratore di giustizia, avrebbe però avuto negli anni anche Paolino Lo Bianco, figlio del defunto boss Carmelo Lo Bianco, alias “Piccinni”, morto in carcere a Parma nel marzo del 2014. 

 

«Sono a conoscenza del fatto che Paolino Lo Bianco - spiega Mantella al pm Giulia Pantano - trafficava droga con Francesco Alvaro, cugino di Peppe Alvaro, figlio di Micu u Scagghiuni, e con Domenico Alvaro. Io - ricorda Mantella - ero presente alle reciproche consegne di stupefacenti. Rappresento che c’erano compravendite continue fra loro, a seconda della disponibilità di droga del momento. Trattavano sostanza del tipo cocaina».  Andrea Mantella ricorda anche di aver frequentato «il figlio di don Mico Alvaro, Giuseppe Alvaro sia a Vibo Valentia che a Rizziconi insieme ai figli di Teodoro Crea, Giuseppe e Domenico. Giuseppe Alvaro - spiega Mantella - era sposato con una ragazza di Rizziconi. Lo avevo conosciuto nel carcere di Paola ove era ristretto per un tentato omicidio. Si occupava di omicidi, armi e droga». 

 

Mantella, che svela così di aver avuto pure rapporti con il clan Crea di Rizziconi, si sofferma anche su alcune regole proprie della ‘ndrangheta. «Per essere capo di un territorio - rivela il collaboratore di giustizia - bisogna conoscere il referente della cosca che impera su un altro territorio. Gli stessi cambiamenti nelle dinamiche, se muta il reggente di una cosca, devono essere divulgate nella ‘ndrangheta». Infine un accenno pure a Paolo D’Elia (deceduto da qualche mese), originario di Seminara, residente a Vibo Valentia, Maierato e Filogaso, e da ultimo anche Palmi, ritenuto dagli inquirenti una figura storica e carismatica negli ambienti della criminalità organizzatacalabrese. A Vibo Valentia avrebbe svolto il ruolo di “paciere” – come emerso nell’inchiesta “Nuova Alba” – fra le opposte articolazioni del clan Lo Bianco guidate dagli omonimi cugini Carmelo Lo Bianco, l’uno detto “Piccinni”, deceduto in carcere ad 82 anni nel marzo 2014, l’altro chiamato “Sicarro”, morto nel 2016 in ospedale a Catanzaro. Con Paolo D’Elia, Andrea Mantella si sarebbe recato a Sinopoli unitamente a Paolino Lo Bianco per andare a trovare «a casa sua Francesco Alvaro e salutare, in senso di rispetto mafioso - conclude il collaboratore - altri suoi parenti».  Il resto delle dichiarazioni di Andrea Mantella sono ancora coperte da segreto investigativo, ma appare chiara la portata delle conoscenze del collaboratore di giustizia vibonese, inserito nella ‘ndrangheta ai più alti livelli e quindi capace di svelarne affari e legami ben oltre lo stretto ambito territoriale vibonese. Il tutto ad ulteriore conferma dell’unitarietà di fondo - pur nelle divisioni fra i diversi clan - della struttura criminale calabrese.

Giornalista
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