I broker del narcotraffico snobbano il porto di Gioia Tauro

VIDEO | I signori della coca preferiscono puntare sui porti spagnoli, tedeschi, olandesi o del Mediterraneo del Sud, dove i controlli sono meno efficaci e le norme facilmente aggirabili. Sugli scali di quei Paesi in cui spesso risiedono tanti latitanti della ‘ndrangheta e nessuno va a prenderli.

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di Giovanni Verduci
24 gennaio 2019
15:36

I broker internazionali del narcotraffico stanno snobbando Gioia Tauro. Preferiscono puntare sui porti spagnoli, tedeschi, olandesi o del Mediterraneo del Sud, dove i controlli sono meno efficaci e le norme facilmente aggirabili. Sugli scali di quei Paesi in cui spesso risiedono tanti latitanti della ‘ndrangheta e nessuno va a prenderli.

Le parole del procuratore Paci

E’ il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Gaetano Paci, a spiegare i cambiamenti dei flussi di cocaina verso l’Italia e, soprattutto, il perché Gioia Tauro pare essere sparita dai radar delle cosche. «Le rotte dei narcotrafficanti – ha detto Gaetano Paci durante il suo intervento a Gioia Tauro al convegno di Libera sul futuro del porto gioiese – si sono spostate su scali operanti in Paesi in cui il tasso di percezione della pericolosità della ‘ndrangheta sfiora lo zero. In nazioni in cui i nostri latitanti svernano e nessuno, nonostante le ripetute segnalazioni li va a prendere».


Ciò che ha spinto le organizzazioni criminali a non privilegiare più il porto reggino, a lavorare in tranquillità lontano dalla Calabria, sono stati i controlli serrati delle forze dell’ordine che, negli anni, hanno sequestrato ingenti quantità di droga.

Il calo dei sequestri

Rispetto agli anni passati, infatti, nel 2018 si è registrato un crollo vertiginoso dei sequestri, nonostante la certezza che il rapporto fra la cocaina sequestrata e quella che passa per Gioia Tauro sia di uno a tre.

Gaetano Paci, infine, ha invitato i presenti a diffidare di chi dice che fra San Luca e Platì vi sia il vertice del narcotraffico mondiale. I broker si sono spostati, sono altrove, risiedono fuori Italia e se qualche volta vogliono fare ritorno oltre Alpe al massimo arrivano a Milano. «Questo perché – ha spiegato il procuratore aggiunto della Dda reggina – il nostro livello di repressione è altissimo. Coloro che tengono le redini di questo mercato – ha concluso Paci – lavorano ad Amsterdam o in Germania. E’ vero quello che ha detto un boss della jonica e che è stato intercettato dalle forze dell’ordine: nella Locride sono rimasti solo quattro storti».

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