Moscato 'gola profonda': dalla nascita del 'clan dei piscopisani' al conferimento del 'Vangelo'

Le dichiarazioni di Raffaele Moscato fanno tremare i clan. Il neo collaboratore di giustizia ha raccontato la nascita del 'locale di Piscopio' e la sua ascesa nel clan da 'picciotto' al conferimento della dote del 'Vangelo'
di Redazione
7 luglio 2015
10:14

Raffaele Moscato parla ancora. E' da quattro mesi che il nuovo collaboratore di giustizia fa tremare i clan con le sue dichiarazioni. Racconta ogni minimo dettaglio andando fino alla creazione del 'locale di Piscopio' e raccontando il rispetto che il gruppo criminale aveva conquistato anche fuori i confini della Calabria. Spiega la sua ascesa nel clan da quando era 'picciotto' fino al conferimento della dote del 'Vangelo'.

 


"Ho fatto parte del gruppo insieme a Nazzareno Fiorillo che ne era il capo - ha raccontato Moscato al pm Marisa Manzini - Giuseppe Galati era il capo-società. Michele Fiorillo era il contabile, Battaglia Rosario era il mastro di giornata, Fiorillo Rosario ed io. Tutti quelli che ho menzionato, me compreso, avevamo la dote del “Vangelo”. Tutti quelli che ho indicato fanno parte della società Maggiore nell’ambito del locale. Sono stati battezzati in carcere Franzè Antonio e Mazzotta Salvatore, anch’essi appartenenti alla Maggiore. Ci sono poi tutti quelli che appartengono alla società Minore".

 

"Il Vangelo l’ho ottenuto dopo essere stato picciotto - ha proseguito il collaboratore di giustizia - Dopo aver preso in carcere la seconda e terza dote quindi, lo Sgarro e la Camorra. La Santa l’ho conseguita contestualmente al Vangelo nel carcere di Frosinone nel 2013".

 


A fondare il clan dei piscopisani, secondo le dichiarazioni di Moscato, furono " Battaglia Rosario, Fiorillo Michele e Fiorillo Rosario, perché in ragione dei reati che avevano commesso avevano i requisiti per ottenere le doti nonostante alcuni di loro erano giovani. Ai vertici si posero Giuseppe Galati e Nazzareno Fiorillo in quanto più adulti".


Fin da subito però, "si erano dimostrati particolarmente avversi ai Mancuso dei quali non sopportavano gli abusi operati nella zona di Piscopio. L’avversione era particolarmente determinata e questa circostanza aiutò il gruppo ad essere riconosciuto come locale".

 

"Il locale di Piscopio era riconosciuto dai vertici della ‘ndrangheta anche fuori dalla Calabria - ha spiegato Moscato - e pertanto le nostre doti erano valide dappertutto e riconosciute da tutti". "Il gruppo era collegato con i Pelle, i Commisso, gli Aquino, con il gruppo di Franco D’Onofrio nel Piemonte e con Cuppari di Spilinga che sarebbe il capo locale di Spilinga".

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