Morì dopo una coltellata, pena ridotta per la fidanzata

L’episodio avvenne nel 2012. La giovane era stata condannata in primo grado a 18 anni di carcere

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di Redazione
6 novembre 2018
19:52

La Corte d'Assise d'appello di Reggio Calabria ha rideterminato la pena a 10 anni e 6 mesi a carico di Francesca Picilli, una giovane accusata di omicidio preterintenzionale per la morte del fidanzato, Benedetto Vinci, avvenuta il 12 marzo 2012 a Sant'Agata Militello (Messina). Il ragazzo fu ferito all'addome da una coltellata ma una volta dimesso dall'ospedale e tornato a casa, morì.
Il processo si è svolto a Reggio Calabria a seguito del rinvio disposto dalla Cassazione che lo scorso maggio aveva annullato in parte la sentenza della Corte d'Assise d'appello di Messina.


I giudici reggini, al termine del nuovo processo, hanno rideterminato la pena a 10 anni e 6 mesi, concedendo le attenuanti generiche. In primo grado la ragazza era stata condannata a 18 anni, pena ridotta in appello a 14 anni. Benedetto Vinci morì in seguito alla coltellata all'addome che gli era stata inferta dalla ragazza. Rimasto ferito il giovane fu immediatamente soccorso, quindi trasferito all'ospedale di Palermo dove rimase ricoverato per alcuni giorni. Il ragazzo venne poi dimesso e tornò a casa, ma qualche giorno dopo morì per i postumi della coltellata.



«La Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria - afferma l'avvocato Nino Favazzo, difensore della giovane - con la sentenza di oggi, ha fatto parziale giustizia - nei ristretti limiti in cui ciò era consentito fare - di una pena che ho sempre ritenuto ingiusta perché non proporzionata rispetto alla gravità della condotta ed alla personalità della imputata. Pena che, pur essendo stata sensibilmente ridotta rispetto ai 18 anni comminati in primo grado, continua a essere eccessiva, per effetto della qualificazione giuridica in termini di omicidio preterintenzionale di una condotta solo colposa e, peraltro, concorrente con quella dei sanitari che ebbero in cura il Vinci e che lo dimisero, senza averlo sottoposto a banali accertamenti diagnostici e strumentali dai sicuri effetti salvifici. Francesca Picilli sconterà, quindi, la pena severa prevista per un reato doloso, diverso e ben più grave, rispetto a quello, invece colposo e punito meno severamente, che poteva e doveva esserle contestato. In questi termini, giustizia non è stata fatta».

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