Malagiustizia, Luigi Longo: “Mi hanno distrutto la vita”

L'imprenditore reggino a tre anni dall'assoluzione perché il fatto non sussiste racconta la sua paradossale odissea giudiziaria
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di Tiziana Bagnato
23 ottobre 2017
17:08

Mi hanno rovinato quindici anni di attività lavorativa. Non può essere un errore. Qualcuno voleva farmi fuori”. L’imprenditore Luigi Longo a tre anni dall’assoluzione nel processo nato dall’operazione Rilancio, ha nello sguardo ancora un dolore vivido, i segni di un travaglio non dimenticato, non accantonato. Ma anche la voglia di riscatto, il desiderio di raccontare la sua odissea.

 


Lo raggiungo nella sua Taurianova, qui dove tutti lo conoscono. Basta un caffè a un bar per vedere avvicinarsi la gente del posto che, capito immediatamente il perché siamo lì, ci dice la sua, racconta scampoli di una vicenda vissuta con amarezza da tutto il paese che in quelle accuse non ha mai creduto.

UNA VITA VIOLATA DALLA MALAGIUSTIZIA

Quella di Luigi Longo è una delle tante vite spezzate, violate e violentate da una giustizia che ha fatto male i suoi calcoli, da quelli che banalmente vengono chiamati errori giudiziari o malagiustizia. Una storia amara, a tratti pirandelliana, per alcuni versi inverosimile che ha fagocitato non solo la vita di un imprenditore, un uomo d’affari in quel momento decisamente sulla cresta dell’onda, ma anche quella di lavoratori trascinati sul fondo di un’impresa che, dopo questa traversata giudiziaria, non è riuscita più a stare a galla.

 

29 maggio 2009. E’ notte fonda quando scatta l’operazione ‘Rilancio’, condotta dai Ros di Roma e Coordinata dalla Dda capitolina. Fulcro dell’inchiesta l’ipotesi di un’associazione per delinquere finalizzata all’introduzione di ingenti quantitativi di merce contraffatta attraverso il porto di Gioia Tauro. A sdoganarli, secondo l’accusa, era la Mcs di cui Luigi Longo era socio.

 

Alle 2 e 20 di notte i Ros entrano in casa dell’imprenditore armati ed incappucciati. Il reggino non capisce cosa stia accadendo. Teme per la sua vita. Pensa che la ‘ndrangheta voglia fargliela pagare, chiudergli la bocca per avere poco tempo prima testimoniato contro le cosche dei Piromalli e Molè nel processo ‘Cent’anni di Storia’, denunciando come queste, avessero tentato di mettere le mani sulla “Cooperativa All Service”, azienda portuale fondata dallo stesso Longo.

UN ERRORE GROSSOLANO COSTATO CINQUE ANNI DI PROCESSO

Tira quasi un sospiro di sollievo l’imprenditore quando capisce che si tratta di militari, ma rimane basito quando legge gli atti e capisce di essere considerato un fiancheggiatore dell’organizzazione criminale in virtù del ruolo emerso durante il processo “Cent’anni di storia”. Da testimone della Dda a colluso. Un errore grossolano, pacchiano, un pasticciaccio che non viene però immediatamente risolto ma costa, invece, un processo a Longo durato cinque anni. L’imprenditore di Taurianova viene messo in isolamento tenendo conto della determinante testimonianza che aveva reso al processo e che avrebbe potuto esporlo a delle rivalse con gli altri detenuti. Un ulteriore paradosso. Messo in carcere perché considerato vicino alle ‘ndrine, isolato perché quelle ‘ndrine lui le aveva denunciate.

 

Sono stato messo in cella per un copia e incolla sbagliato questa è la verità”, dice Longo che però alla casualità di quell’errore crede ben poco. “Non è un errore, qualcuno voleva eliminarmi dal porto di Gioia Tauro” ci confida. Con il suo arresto inizia il travaglio personale, ma anche quello della sua famiglia e dei suoi cari, oltre che quello dei suoi dipendenti. Le commesse iniziano a scarseggiare e l’azienda chiude i battenti.

 

 

Negli atti processuali entrano anche delle intercettazioni di cui verrà dimostrata la manipolazione. Una frase detta dall’imprenditore a colloquio con un collega lombardo, nella trascrizione, misteriosamente o arficiosamente scompare, alterando l’interpretazione del veloce scambio di battute tra i due uomini di affari .

 

 

Il processo si trascina stancamente, come una patata bollente. Dopo cinque anni, nel 2014, arriva la sentenza di primo grado. Luigi Longo viene “assolto perché il fatto non sussiste”. Sei parole che fanno calare il sipario su un incubo. La sentenza non verrà mai appellata.

 

"OGNI NOTTE MI SVEGLIO ALL'ORARIO IN CUI MI HANNO ARRESTATO"

 

Ma la sentenza non rimette tutto a posto. Lascia un uomo distrutto, una famiglia a pezzi. “Quello che è successo rimane sempre .Tutte le notti mi sveglio alle 2 e 20 , lo stesso orario in cui mi hanno arrestato – racconta– mi sono dovuto reinventare, ho perso il lavoro, ho dovuto ricostruire la mia immagine”.

 

 

Eppure Longo continua a credere nella giustizia. Continuerebbe a denunciare e a testimoniare se fosse necessario, non ha perso fiducia nello Stato, ma ci tiene a diffondere la sua storia perché possa fare riflettere.

 

Tiziana Bagnato

 

Giornalista
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