Reflui nel Tirreno cosentino, in primo grado pioggia di assoluzioni

La vicenda vedeva alla sbarra tre dirigenti della Smeco e un legale rappresentante di una delle società satellite del gruppo aziendale. Il processo era stato avviato dall'allora procuratore capo di Paola Bruno Giordano. Quasi certamente si andrà al processo d'Appello

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di Francesca  Lagatta
18 settembre 2018
15:13

Tutti assolti perché il fatto non sussiste. È questa, in sintesi, la sentenza emessa dal tribunale di Paola durante la pubblica udienza di questa mattina, nei confronti dei quattro imputati del processo Smeco. La diatriba giudiziaria vedeva alla sbarra Domenico Albanese, 68 anni, legale rappresentante e direttore tecnico della Smeco, Gessica Lilia Plastina, 43 anni, responsabile di zona e capo area Smeco, Raffaele Romeo, 66 anni, amministratore unico della Smeco, e Rosaria Rita Mazzacurva, 65 anni, legale rappresentante di una delle società del gruppo aziendale. Le accuse, a vario titolo, erano di disastro ambientale, smaltimento illecito di rifiuti, frode nell'esecuzione contrattuale a danno della pubblica amministrazione. Per Albanese si è registrata anche una prescrizione.

La vicenda

Era il 2008 quando decine di Comuni del Tirreno cosentino notano un malfunzionamento dei depuratori, con la conseguenza di evidenti sversamenti in mare. La società che all'epoca gestisce la quasi totalità degli impianti, la Smeco, viene dunque chiamata in causa e trascinata in tribunale nel 2012 e il filone di inchiesta vede coinvolte anche altre società di gestione degli impianti, come la Giseco, e conta più di 40 parti civili, molte delle quali composte da Comuni e associazione ambientaliste.


 

Ciò che si contesta alla società è che nonostante continui finanziamenti e pagamenti, il servizio di gestione delle acque reflue non è efficiente e le carenze appaiono ingiustificabili, come nel caso del Comune di Tortora, che nel 2010 denuncia la mancanza del personale Smeco nelle ore pomeridiane e serali.

 

La difesa degli imputati, dal canto suo, fa leva sulla inefficienze degli impianti, considerati vecchi ed obsoleti, i quali vanificherebbero ogni sforzo volto alla depurazione delle acque. La sparizione di milioni di chili di fanghi sarebbe da imputare alle strutture. Inoltre, secondo i legali degli imputati, i pagamenti sarebbero arrivati in ritardo, tanto da non consentire all'azienda di lavorare con tempestività e con diligenza.

 

Stamane la sentenza e l'epilogo che ha lasciato l'amaro in bocca a quanti, dal loro punto di vista, si aspettavano giustizia. Ad ogni modo il verdetto di stamani è solo il primo grado di giudizio. Le motivazione verranno rese note entro 30 giorni.

 

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