Lo uccise e lo diede in pasto alle fiamme, la sentenza di condanna per l'imputato è diventata definitiva

La Corte di Cassazione ha confermato per l'imputato, accusato dell'omicidio Aloi, la condanna a 18 anni di carcere emessa dai giudici di appello di Catanzaro
di Gabriella Passariello
12 marzo 2016
17:50

Diventa definita la condanna a18 anni emessa dai giudici della Corte di appello il 15 gennaio 2015 a carico di Alfredo Trapasso, catanzarese di 31 anni, finito in manette per l'omicidio di Antonio Aloi, operaio 39enne, residente a Janò, ucciso con quattro colpi di pistola e poi dato alle fiamme all'interno di un casolare di Simeri Crichi dove venne ritrovato semicarbonizzato la sera di domenica del 19 settembre 2010. La Suprema corte di Cassazione ha confermato la sentenza emessa in secondo e primo grado a carico di Trapasso, come richiesto dai legali di parte civile Carlo Petitto, Andrea Gareri e Antonella Prestia. L'uomo avrebbe fatto salire la vittima nella sua auto, una Ford Fiesta portandolo nel casolare in località Pontefegato, a Simeri Crichi , dove la vittima è stata uccisa. In concorso con altre persone allo stato non identificate, dopo aver consumato il delitto, avrebbe ricoperto il corpo con fogli di carta, cospargendolo di liquido infiammabile e dato in pasto alle fiamme al solo fine di sbarazzarsi delle prove, di occultarne il cadavere. Trapasso  lo avrebbe ammazzato con una calibro 7,65. I Vigili del fuoco di Catanzaro erano intervenuti sul posto a seguito di una richiesta di incendio in un casolare abbandonato, trovando il cadavere di un uomo carbonizzato. I Carabinieri e la Polizia Scientifica, sul luogo del delitto trovarono una grossa chiazza di sangue e 4 bossoli di pistola. La vittima sarebbe stata prima giustiziata per poi essere carbonizzata con del liquido infiammabile, incendiando tutto il casolare. Una settimana dopo il delitto, i carabinieri della Compagnia di Sellia Marina e del Reparto operativo provinciale di Catanzaro  individuarono proprio Trapasso come il presunto assassino, che presentava sul corpo delle ustioni, secondo gli investigatori, compatibili con quelle fiamme, che sarebbero dovute servire a distruggere le prove del delitto nel casolare di Simeri. Trapasso rispondendo alle domande del giudice per le indagini preliminari che convalidò il fermo e dispose a suo carico la custodia cautelare in carcere, confermata poi dal tribunale del riesame il 4 novembre 2010, ammise di aver visto Aloi il giorno dell'omicidio, ma molte ore prima della morte, negando di aver avuto a che fare con quel brutale delitto. A dire agli investigatori che la vittima era proprio con Trapasso, nelle ore precedenti la sua morte, sarebbe stata la moglie di Aloi che, parlando al telefono con il marito, gli  domandò dove fosse e con chi, sentendosi rispondere che lui si trovava "con Alfredo".

Gabriella Passariello. 

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