Incendio container, Caritas: «La città smetta di mettere tutto sotto il tappeto»

È quanto dichiarato da Padre Valerio di Trapani, direttore della Caritas Diocesana lametina, in una conferenza stampa convocata dopo i fatti accaduti nei giorni scorsi, quando ignoti hanno dato alle fiamme alcuni container: «Andiamo avanti con ancora più determinazione chiedendo che sia fatta giustizia»
di Redazione
22 ottobre 2016
20:43

Perdono e giustizia, riconciliazione e necessità di fare chiarezza sono i punti fermi per il direttore della Caritas Diocesana lametina Padre Valerio Di Trapani, che insieme al suo vice Don Claudio Piccolo Longo, ha convocato gli operatori dell'informazione per spiegare come sono andate le cose e il percorso futuro del progetto dopo l’incendio dei giorni scorsi che ha devastato i container collocati nell'area dove sorgerà il “Villaggio della Carità”.

 


Lamezia, incendiati container destinati alla Caritas


«La prima cosa che questa città deve fare è finirla di mettere sotto il tappeto le cose scomode: far finta che non esista la 'ndrangheta - ha affermato Padre Valerio Di Trapani - che non esistano cellule di una destra impazzita, così come il chiacchiericcio di chi la mattina si alza e pensa di fare il profeta e di saperla più di tutti gli altri quando non è così. E' da diversi anni ormai che le Caritas in tutta Italia sono oggetto di attacchi di varia natura, tra cui anche raid di gruppi xenofobi e intolleranti. Come Caritas lametina siamo pronti a continuare il progetto, costruire un luogo per offrire a ragazzi con difficoltà e disagi l'opportunità di intraprendere percorsi educativi all'insegna dell'accoglienza e della prossimità agli ultimi e dare a tutti la possibilità di fare esperienze di volontariato. Continuiamo, ma ricordiamo questa data: il 17 ottobre rappresenterà un punto di partenza, una data simbolica, rispetto alla quale andiamo avanti con ancora più slancio e determinazione e al tempo stesso chiedendo che sia fatta verità e giustizia. E se gli altri distruggono e bruciano, noi continuiamo a costruire e formare le coscienze, alla cultura dell'accoglienza e della gratuità».


Su chi possa aver dato fuoco alle strutture del Villaggio della Carità lunedì scorso, Di Trapani ha affermato che «ancora non sappiamo. Le autorità inquirenti hanno già avviato tutte le indagini. Se lo avessimo saputo, lo avremmo detto perché non abbiamo paura. C'è chi dice si tratti di un dispetto alla ditta per averci fornito dei container gratis: è doveroso precisare che quei container noi li abbiamo pagati e abbiamo anche le fatture a comprovarlo. Così' come non è assolutamente vero che ci siano in mezzo alla vicenda appalti o contratti di chissà che tipo. Il Villaggio della Carità sta nascendo a piccoli passi, con gli sforzi di tanti ragazzi e volontari che hanno lavorato con le loro mani per installare i primi moduli abitativi. L'unica cosa che abbiamo fatto è abbattere una segheria che era lì da 70 anni. C'è ancora chi dice che si tratti di un gesto contro una struttura che avrebbe accolto immigrati. Innanzitutto il Villaggio della Carità non è concepito con questa finalità specifica. Ma se anche fosse così: di chi dovremmo aver paura? Deve avere paura chi fa il male o chi fa il bene?»


Le finalità del progetto sono state rimarcate da Don Claudio Piccolo Longo che ha dichiarato: «Chi ha commesso queste cose, in realtà ha paura. Oggi vogliamo dirgli, se ci sta ascoltando, che c'è anche per lui la possibilità di cambiare strada. La “punizione” educativa per chi ha bruciato quei container dovrebbe essere quella di dargli l'opportunità di mettersi a servizio degli ultimi, di servire un pasto a un povero o tendere la mano a un fratello scappato da qualche terribile guerra nel suo Paese».

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