Lamezia, esondazione Turrina: danni da un milione di euro all’Ecosistem

In quindici giorni nessuno a intervenire sul torrente che dopo poco è di nuovo tracimato. Lo sfogo del dirigente: «Lasciati completamente soli»

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di Tiziana Bagnato
16 ottobre 2018
19:30

Sono ancora in panne le aziende del nucleo industriale di Lamezia Terme. A dieci giorni di distanza da quel tragico quattro ottobre, quando il Cantagalli esondando si portò via tre vite e il Turrina entrò nell’area ex Sir, si fanno ancora i conti con pompe idrovore, fango, materiale danneggiato, quadri elettrici fuori uso, macchinari da buttare.


La conta dei danni è corposa. Come nel caso dell’Ecosistem, una delle più grandi aziende che si occupa al Sud del trasporto, gestione e valorizzazione del rifiuto. L’acqua qui è entrata fino a ricoprire completamente i 120 mila metri quadrati di superficie e toccando punte di cinquanta centimetri di altezza.



Solo grazie a circa 80 dipendenti, amministrativi compresi, che lo scorso fine settimana si sono rimboccati le maniche e sono riusciti ad intervenire sul grosso dei danneggiamenti, l’azienda ha potuto tirare il fiato.
Sui muri è ancora visibile in modo chiaro il livello raggiunto dall’acqua e la rabbia è ancora tanta, specie perché in dieci giorni nessuno è intervenuto sul Turrina e alle prime nuove piogge questo, rimasto senza un argine, è di nuovo esondato.


«Non si è fatto vedere nessuno in quei giorni. Abbiamo dovuto fare tutto da soli – si sfoga Rocco Aversa, presidente del Cda dell’Ecosistem – e noi, che possiamo contare su molti dipendenti, con olio di gomito siamo riusciti ad uscire dalla situazione più grave, ma per le piccole aziende le difficoltà devono essere state maggiori. Ora stiamo per riprendere la produzione. Speriamo per lunedì di riprendere almeno all’ottanta per cento. Abbiamo danni per un milione di euro».


«Dalla notte del quattro ottobre nessuno è intervenuto per ripristinare l’argine del fiume
– aggiunge ancora l’imprenditore - vogliamo interventi immediati, provvedimenti. Ieri il nucleo industriale è intervenuto in una zona che non è sua inviando dei mezzi per cercare di arginare il fiume, altrimenti si sarebbe verificata la situazione di una settimana fa».


Ci sono poi i canaloni di scolo che attraversano a decine la zona industriale di Lamezia e che non vengono manutenuti diventando un potenziale pericolo. I detriti non prelevati ostruiscono l’acqua, creano dei veri e propri tappi che, con l’aumento del volume delle precipitazioni, si alza di livello fino a tracimare. «Ognuno deve fare la sua parte - commenta Aversa – la manutenzione dovrebbe essere più puntuale e fatta magari nei mesi estivi, agevolati dalla mancanza di piogge costanti».


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Giornalista
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