La santona di Amantea che uccise in nome di Dio e del denaro

Una vicenda poco conosciuta ma di straordinaria efferatezza quella che riguarda la setta nata intorno a Lidia Naccarato, diventata la sacerdotessa degli Apostoli di Cristo la cui torbida attività culminò, nel 1988, in un sacrificio umano
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di Loredana Colloca
21 maggio 2018
16:42

Un delitto consumato all’ombra di una fede cieca, poco importa se in nome di Satana o in nome di Dio. Perché labile è il confine tra il Bene e il Male quando il sacrificio, con la connotazione salvifica che lo associa al Cristianesimo, assume invece i contorni netti e drammatici dell’omicidio. Un vero e proprio martirio quello al quale fu sottoposto il 27enne Pietro Latella prima di esalare l’ultimo respiro, morto per dissanguamento, incaprettato e posizionato al centro di un cerchio rosso, ritrovato dai carabinieri in una masseria di San Pietro in Amantea.

 


È l’alba del 29 maggio 1988. Latella era un “pellegrino” arrivato pochi giorni prima da Torino, atteso dagli “Apostoli di Cristo” che gli avevano teso una trappola mortale. Fulcro della setta, nata come gruppo di preghiera sfociato, nel giro di qualche anno, in semplice pretesto per accedere agevolmente a sesso, alcolici, armi e soprattutto grandi somme di denaro, la sacerdotessa Lidia Naccarato, 35enne di San Pietro in Amantea, laureata in biologia, immigrata a Torino a 12 anni e rientrata per dare impulso alla setta fondata dallo zio Antonio undici anni prima in Piemonte.

La scena che quel giorno si presenta davanti agli occhi dei carabinieri che hanno fatto irruzione nel casolare è macabra quanto surreale. Lidia è sdraiata su un lettino, avvolta da una veste bianca. Il suo corpo fa da altare di carne ai fedeli adoranti e immersi in uno stato di trance che gli impedisce di percepire perfino la presenza dei militari. Nella stanza immagini sacre, soprattutto della Madonna, con la quale Lidia affermava di essere in contatto diretto e che le impartiva le direttive per gestire la setta.

 

Il rituale di preghiera si svolge nella stanza attigua a quella dove è stato abbandonato il corpo martoriato di Latella. La porta della stanza è sigillata e segnata da un cerchio rosso con dodici croci all’interno. Sul torace dell’uomo sono stati scaricati dodici colpi di pistola. Dodici come gli apostoli di Cristo del quale lui, reincarnazione di Giuda, era il sommo traditore. Per questo motivo e per il più alto scopo di salvare l’umanità intera, la sacerdotessa aveva decretato, per ispirazione divina, che doveva essere eliminato. Inoltre, secondo una convinzione che la Sacerdotessa aveva inculcato nella mente dei suoi seguaci, per uno strano e oscuro meccanismo, consegnando Pietro Latella al mondo dei morti, il defunto zio di Lidia, il sommo sacerdote Antonio Naccarato sarebbe tornato a camminare tra i vivi. 

 

Sesso, soldi e crocifissi

A sorprendere i militari arrivati nella masseria di Contrada Moschicella, però, non è solo l’efferatezza dell’omicidio e la scena surreale della trance collettiva. Nella camera chiusa, insieme al cadavere di Naccarato, i carabinieri ritroveranno infatti decine di fucili e pistole con tanto di munizioni. Una vera e propria Santa Barbara che negli intenti della setta doveva servire a combattere l’esercito del Male. Un po’ più difficili da giustificare le centinaia di libretti postali e il quantitativo di denaro contante del qualeil gruppo disponeva in abbondanza, e che veniva gestito essenzialmente dal capo carismatico, Lidia Naccarato, e dal fratello Salvatore. Nelle altre stanze dello stabile, i carabinieri trovarono gioielli e altro denaro per centinaia di milioni.

 

Quel giorno, dal casolare di contrada Moschicella, usciranno in manette trentacinque persone, tutte accusate di concorso morale e materiale in omicidio e tentato omicidio. Ad allertare le forze dell’ordine era stata infatti una circostanza ben precisa. L’arrivo, all’ospedale di Cosenza di un uomo ferito a un fianco, un ambulante di Bari, tale Lorenzo Tommasicchio, che raccontò di essere stato aggredito e quasi ucciso dagli adepti del culto del Lidia Naccarato, indicando il luogo nel quale si stava svolgendo il rituale.

 

Ascesa e caduta del culto

L’episodio delittuoso del maggio 1988 affonda le sue radici nella figura carismatica di Antonio Naccarato, zio di Lidia. L’uomo, immigrato con la famiglia a Torino, è convinto di possedere poteri soprannaturali e taumaturgici, di leggere nel passato e nel futuro. In altre parole, di essere un profeta. E sceglie come fidata consigliera e apprendista la nipote Lidia, allora appena ventunenne. Nasce la setta denominata Gruppo di Preghiera del Rosario, che nel Torinese arriverà ad avere oltre ottocento adepti.

 

Ma Antonio Naccarato vuole tornare a portare il culto nella sua terra. Perché la liberazione dai peccati deve iniziare dalle radici. Sono gli anni delle visioni sempre più ossessive di Lidia, corroborate e incoraggiate dai familiari, che la spingono a nutrire quel presunto “dono” ricevuto dalla Madonna in una delle tante apparizioni. A San Pietro di Amantea, zio e nipote trovano terreno fertile. C’è fame di fede, c’è povertà e una sete insaziabile di consolazione. Molti la trovano nei raduni di preghiera nella cascina di contrada Moschicella, che diventa un centro di culto per centinaia di persone. Si parla di guarigioni, apparizioni, scritte apparse nelle nuvole. Ma presto il progetto iniziale viene distorto. Le riunioni della setta si affollano di professionisti ed estranei venuti dalle città vicine, che portano alcol e sigarette, e che nella preghiera hanno poco interesse.

 

Quando nel 1983 il capo carismatico muore, il potere passa in mano a Lidia. Antonio Naccarato, però, continua ad avere con lei conversazioni quotidiane. O almeno questo è quanto viene fatto credere ai fedeli. Più semplicemente, è probabile che Lidia avesse paura che la setta si disgregasse dopo la morte dello zio. Ciò che seguì è cronaca giudiziaria, e forse, come in molti fatti della storia umana, è la fede a fare la differenza. Ciò che si sa è che Lidia Naccarato è che fu processata insieme altri componenti del Gruppo della Preghiera del Rosario presenti la sera della barbara uccisione del 29enne Pietro Latella, avvenuta il 29 maggio 1988. In 35 furono processati, compresi i sedicenti dodici apostoli, ma solo tre di loro e la Santona furono condannati per l’omicidio del giovane giunto da Torino per consacrare la vita ad un culto che ne avrebbe preteso la morte.

 

L'oblio di Lidia Naccarato

Ma la vera prova di occultismo, la setta, la diede nella sua capacità di far perdere le sue tracce, di tessersi intorno una rete imprenetrabile di oblio. Nonostante il culto degli "Apostoli di Cristo" sia ufficialmente imploso nel sangue con l'omicidio di Pietro Latella, a San Pietro in Amantea e nei dintorni, si parla ancora di riunioni di preghiera fino al 2010. E di lei, la Santona Lidia Naccarato e i suoi presunti poteri medianici, non ci trova che una lieve traccia nelle cronache. Quasi che ella stessa abbia voluto sparire nel nulla. Lontano dal clamore, dal giudizio e da occhi indiscreti. 

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