La strage silenziosa dei migranti uccisi da fuoco e indifferenza

Questa notte l’ennesima tragedia. Sylla era partito dal Senegal e aveva solo 32 anni. Il suo viaggio spezzato per sempre a San Ferdinando. Oggi lacrime, dolore e rabbia. Domani, forse, calerà nuovamente il sipario

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di Manuela Serra
22 marzo 2019
18:55

La morte ha il volto di Sylla, somiglia a Ba Moussa, ricorda Becky. Richiama alla memoria Surawa e Sekine. Ha le sembianze di Soumaila ucciso a fucilate a San Calogero mentre tentava di raccogliere delle lamiere da portare alla baraccopoli di San Ferdinando. Quella baraccopoli che a suon di striscioni e a colpi di comunicati stampa non abbiamo esitato a definire “della vergogna”. E lo era. Anni di battaglie per chiederne lo sgombero. Poi arriva il 7 marzo. È il gran giorno, è il giorno della svolta. I giornali titolano a caratteri cubitali che il ghetto dei migranti di San Ferdinando non esiste più, l’area è stata bonificata, le baracche sono state demolite.


Si pensa alla fine di un incubo, all’inizio di un nuovo giorno. Ma la notte non ha mai lasciato il posto all’alba, le fiamme dell’inferno non hanno mai smesso di ardere e sono divampate anche nella nuova tendopoli, in quella struttura simbolo di vita e di rinascita, di un nuovo punto di partenza. Quelle fiamme hanno avvolto il corpo di Sylla, lo hanno divorato, lo hanno ucciso. Sono passate ore prima di riconoscerne l’identità, nessuno sembrava ricordarsi di lui, neppure i database dove i migranti sono schedati.



Sylla era del Senegal e aveva solo 32 anni. Quando le fiamme sono state domate la scena che si è presentata a soccorritori e forze dell’ordine è stata raccapricciante. Il vuoto, la terra bruciata, il corpo esanime. Ma nel quadro desolante, di morte e terrore,  c'era una nota di colore. Sono forse le tracce della vita di un giovane che è arrivato in Italia perché sperava in un domani diverso.

A terra dei libri. Uno raffigura dei bambini, bianchi, neri, non importa il colore della pelle. Sono tutti vicini, sorridono e giocano. Il titolo è "La stella della pace – Corso di religione cattolica per la scuola primaria". Forse Sylla si stava avvicinando alla religione cattolica.

A terra anche dei quaderni. Forse studiava. Forse sperava domani di poter dire addio alla vita dei campi, alla paghe da fame, alle condizioni degradanti, di raggiungere la sua famiglia o di farsene una tutta sua qui. Non lo sapremo mai. Oggi rimangono solo le lacrime e la tristezza per l’ennesima vita spezzata, ingiustamente. Domani forse neppure quelle.

Giornalista
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