Figlio di un boss all’Arcigay: 'Costretto a fare figli con la violenza'

È la denuncia raccolta da Lucio Dattola ospite del format “Gli Intoccabili” che andrà in onda a partire dal 25 luglio ogni giorno alle 23.30 su LaC. Secondo quanto dichiarato a Klaus Davi vittima sarebbe un imprenditore della Locride, rampollo di una delle più importanti famiglie ‘ndranghetiste calabresi
22 luglio 2016
13:41

“Sono figlio di una delle più importanti famiglie della ‘Ndrangheta. Sono omosessuale ma la mia famiglia, pur sapendolo, mi ha costretto a fare figli con la violenza”. È la denuncia raccolta da Lucio Dattola, presidente provinciale dell'Arcigay di Reggio Calabria, ospite del format “Gli Intoccabili”, che a partire da lunedì 25 luglio andrà in onda ogni giorno alle ore 23.30 con “Gli Intoccabili Cult”, una striscia di approfondimento sui temi trattati nella prima stagione.


“Il fattaccio risale a qualche tempo fa, ma credo che ora i tempi siano maturi per rivelarlo - ha dichiarato nel corso dell’intervista rilasciata a Klaus Davi, conduttore e autore del programma. Di ritorno da una manifestazione a Locri, ho trovato un messaggio privato su Facebook in cui questo signore mi chiedeva di poterci confrontare. La settimana dopo dovevo essere lì per altri motivi e ho approfittato per dirgli incontriamoci. Ci siamo visti in un bar fuori dal centro dove eravamo soltanto in due nella sala a prendere il caffè e mi ha raccontato la violenza esercitata dai suoi famigliari”.



Secondo quanto dichiarato a Davi si tratterebbe di un imprenditore della Locride, rampollo di una delle più importanti famiglie ‘ndranghetiste calabresi. “Mi ha fatto fare il giro non solo dei negozi, delle attività che gestiva ma anche delle case che affittava e che erano di sua proprietà. Non so se per intimidirmi o per farmi capire a chi apparteneva – continua il presidente. Ci raccontò la sua difficoltà di dover ogni anno sfornare un bambino perché richiesto. Durante le famose “riunioni di famiglia” gli veniva detto «stiamo aspettando tuo figlio o tua figlia» e questa è stata una situazione che lo ha portato a dire «io mi sento violentato».

 

Nel raccontare l’incontro, Dattola descrive la carica emotiva che aveva quest’uomo che non cercava solo una spalla su cui piangere bensì qualcuno con cui confrontarsi, che capisse la sua situazione e che non fosse della zona. “Gli ho lasciato il mio numero di telefono, facendogli capire che in qualunque momento potevo essere presente. Non ho avuto altri contatti da quel momento anche se ogni volta che passo davanti al suo negozio butto un occhio. Approfitto per ripeterlo, aspetto che si faccia sentire. Il mio numero ce l’ha, sa benissimo che verrebbe assolutamente accolto da me e da tante altre persone”.

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