Falsi esami alla Magna Graecia, chieste otto condanne in appello

Il sostituto procuratore Salvatore Curcio ha chiesto ai giudici di secondo grado di confermare la sentenza emessa dal gup per i furbetti dell'Ateneo
di Gabriella Passariello
3 marzo 2016
15:32

Esami superati grazie a dipendenti dell’Ateneo Magna Graecia compiacenti, pronti a falsificare i libretti universitari degli studenti, per ottenere in cambio “qualche” centinaio di euro in più in tasca. Lauree ottenute decidendo di percorrere una strada differente rispetto a quella della maggior parte dei loro colleghi iscritti alla facoltà di giurisprudenza che, sacrificio dopo sacrificio, quella pergamena se la sono sudata sgobbando sui libri. Il sostituto procuratore generale della Corte di appello di Catanzaro Salvatore Curcio ha chiesto la conferma delle condanne  emessa dal gup Abigail Mellace il 2 aprile 2014 per gli otto ex studenti, giudicati con rito abbreviato, a pene comprese, tra i sei mesi e un anno e dieci mesi di reclusione, accusati di falso per induzione. Si tratta di Santina Giannotti, 36 anni di Catanzaro; Maddalena Sacco di 34 anni di Catanzaro; Danilo La Russa, 34 a cui sono stati inflitti sei mesi;  Giuseppina Persico, 36 anni di Lamezia Terme;  Adriano Motta, 37 anni a Lamezia Terme, condannati a un anno; Antonio Saladino 46 di Lamezia Terme, e Vincenzo Saladino, 52 anni di Lamezia Terme, un anno e otto mesi, mentre per Danilo Gigliotti, 41 anni, di Lamezia Terme, invece, il giudice ha sentenziato un anno e dieci mesi di reclusione. Avrebbero indotto in errore la commissione esaminatrice a redigere verbali di laurea falsi, basati sull’erronea convinzione che le prove di ogni singolo esame fossero state superate e non comprate. Il pg ha anche invocato la non menzione della pena nel casellario giudiziario. Le arringhe difensive dei legali Vittorio Platì, Francesco Gambardella e Tony Sgromo avranno luogo il prossimo 22 marzo, giorno in cui la Corte di appello si riunirà in camera di consiglio per emettere il verdetto. Nell’inchiesta, condotta dai militari della Sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri coordinati dai sostituti procuratori Salvatore Curcio e Paolo Petrolo e in cui finirono sotto accusa una novantine di persone, sono stati contestati a vario titolo i reati di corruzione, falso ideologico e materiale del pubblico ufficiale in atto pubblico, falso per indurre in errore l’Ateneo, soppressione e distruzione di atti. Il caso della presunta compravendita di esami scoppiò nel novembre del 2007, e travolse prima la facoltà di Scienze economiche aziendali e poi quella di Giurisprudenza, facenti capo all’unica segreteria didattica di cui era responsabile il 50enne Francesco Marcello, principale accusato. Nell’ambito di quel primo filone d’indagine i pm incassarono tre patteggiamenti – fra i quali quello di Marcello, a cui fu applicata una pena di tre anni di reclusione, ed il pagamento di 2mila euro per le spese di costituzione di parte civile dell’Università - e una condanna a carico delle prime quattro persone finite nei guai. In seguito altre 16 persone furono raggiunte da avviso di garanzia ad agosto 2009 (un diciassettesimo avviso era per il solito Marcello). Poi il giudice per le indagini preliminari di Catanzaro emise un provvedimento cautelare con cui fu interdetto lo svolgimento dell’attività forense a 39 persone. A marzo 2010, infine, un nuovo capitolo dell’inchiesta, con un’informazione di garanzia notificata ad altre 53 persone. Gli inquirenti avevano raccolto una valanga di prove per i “professionisti” che non solo si sarebbero laureati falsificando raffiche di esami, ma forti di quelle stesse lauree sarebbero diventati avvocati, avrebbero vinto concorsi pubblici e qualcuno avrebbe persino ottenuto incarichi dirigenziali in società partecipate.  

Gabriella Passariello

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