Battaglia sullo Stretto

La carica dei 104 contro il Ponte: le contestazioni nella class action tra devastazione ambientale e “stranezze” amministrative

Cittadini e attivisti hanno presentato un ricorso al tribunale di Roma sottolineando criticità ambientali, tecniche e amministrative. Ecco i contenuti

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di Vincenzo Imperitura
18 giugno 2024
14:30
Lo Stretto di Messina
Lo Stretto di Messina

Sono 104 i cittadini che «vivono o soggiornano o comunque amano le due sponde dello Stretto» che, guidati dagli avvocati Aurora Notarianni, Giuseppe Vitarelli, Antonino De Luca e Maria Grazia Fedele, hanno firmato la class action presentata davanti alla sezione imprese del Tribunale di Roma contro la costruzione del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia. Un ricorso annunciato durante la grande manifestazione No ponte di Villa di qualche settimana fa e che arriva a gamba tesa sull’accelerazione imposta all’opera dal ministro leghista alle infrastrutture Salvini, con le sue 50 pagine di scrupolosi e precisi richiami alle numerose irregolarità che sarebbero maturate in questa ennesima fase di riavvio delle procedure.

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Numerose le contestazioni messe nero su bianco dal gruppo di cittadini e attivisti. A partire da quelle di carattere ambientale, con i ricorrenti che «sono accumunati dal medesimo interesse sovraindividuale alla protezione dell’ambiente, del territorio e del paesaggio, del patrimonio storico e archeologico oltre che al rispetto dei principi di legalità e sostenibilità ambientale ed economica». Nel mirino dei cittadini ci è finita anche la frettolosa relazione di aggiornamento del vecchio progetto definitivo presentata dalla società Stretto di Messina «senza che siano risolte le criticità ambientali, infrastrutturali e sociali in violazione del dovere di diligenza e buona fede» e che, sostengono gli attivisti, è stata approvata «nonostante le raccomandazioni espresse nel parere del Comitato scientifico» e nonostante «i rilievi della commissione tecnica Via Vas del Ministero dell’ambiente e del Ministero della cultura». E sono proprio i numerosi rilievi di carattere ambientale a portare i sottoscrittori della classaction a chiedere che venga ordinata «la cessazione di ogni attività posta in essere dalla società concessionaria e che sia inibita la prosecuzione di ogni attività contrattuale con Eurolink per l’aggiornamento del progetto definitivo, per la redazione del progetto esecutivo e per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina».


E se un peso importante nel ricorso è rappresentato dal rischio di devastazione ambientale che incombe sullo Stretto, i cittadini hanno sottolineato le tante “stranezze” amministrative relative alla stessa Stretto di Messina avvenute dopo la revoca dello stato di liquidazione della stessa spa. «Per superare la mancanza di finanziamenti da imprese private – si legge nel documento – e quindi l’impossibilità di usare lo strumento del project financing» il decreto legge che ha rimesso in moto l’intero carrozzone legato al ponte, ha trasformato la legge costitutiva della Stretto di Messina «prevedendo che al capitale sociale parteciperanno Rfi, Anas, regione Sicilia e regione Calabria nonché in misura non inferiore al 51% il Ministero dell’economia e delle finanze».

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E ancora, tra i tanti richiami, i sottoscrittori sottolineano la mancata sospensione della conferenza dei servizi richiesta dai comuni di Reggio, Villa e Messina al Ministero che, da parte sua, si è limitato a concedere una proroga fino inizio luglio che nei fatti sarebbe inutile: «La decisione è a dir poco irragionevole – si legge – se solo si considera che le integrazioni di Stretto di Messina potranno essere presentate entro il 12 settembre e non si comprende come la Conferenza dei servizi possa procedere all’attività istruttoria in mancanza degli atti necessari». E poi le procedure del vincolo preordinato di esproprio che ha riguardato, tra abitazioni e terreni, più di 1500 persone, la “messa in soffitta” del progetto di quasi mezzo miliardo per l’implementazione dei traghetti con nuovi mezzi più sostenibili e i possibili danni erariali connessi alla costruzione dell’opera. A partire dalla rimozione del tetto degli stipendi che dispone come al personale della Stretto di Messina «non si applichino le disposizioni che prevedano il limite di 240mila euro dei compensi massimi per amministratori, componenti dei degli organi di controllo e dirigenti».

 

 

 

 

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