Caso Miramare, chiesti dieci mesi di reclusione per Angela Marcianò

L’ex assessore di Reggio Calabria, che ha scelto il rito abbreviato, è indagato insieme a quasi tutta l’ex giunta Falcomatà. I reati contestati sono, a vario titolo, di abuso d'ufficio e falso

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di C. M.
18 marzo 2019
15:20
Angela Marcianò
Angela Marcianò

Dieci mesi di reclusione. È questa la richiesta del pm per l’ex assessore di Reggio Calabria, Angela Marcianò, che ha scelto di essere giudicata con rito abbreviato nell’ambito del processo scaturito dal cosiddetto "caso Miramare", che vede imputato anche il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà e la sua prima giunta. I reati contestati sono, a vario titolo, di abuso d'ufficio e falso.


Tutto nasce dall’assegnazione del “Miramare”, noto hotel di prestigio di proprietà dell’amministrazione comunale, alla onlus “Il sottoscala”, preseduta da Paolo Zagarella. Per il Procura le persone indagate avrebbero violato i doveri di «imparzialità, trasparenza e buona amministrazione», concordando l’affidamento solo con l’associazione di cui l’imprenditore è stato nominato presidente il giorno precedente alla delibera di Giunta. Di fatto, dunque, ci sarebbe stato un impegno di affidamento temporaneo dell’immobile prima della formale deliberazione. Quanto a Falcomatà, non si sarebbe astenuto, pur in presenza di un «interesse proprio che ne inficiava l’imparzialità». Il motivo? Zagarella è notoriamente amico del primo cittadino e gli concesse in uso gratuito il proprio immobile da destinare a sede della segreteria politica, in occasione delle amministrative del 2014, quando venne eletto primo cittadino. Senza indicare con precisione i criteri da seguire per tutte le associazioni, la Giunta avrebbe procurato intenzionalmente un «ingiusto vantaggio patrimoniale» a Zagarella.



La grana scoppiò però anche per l’ex assessore Angela Marcianò. Secondo la Procura, infatti, sebbene vi sia stata una iniziale opposizione, successivamente alla «persistente volontà, manifestata dallo stesso sindaco e dagli altri assessori» di procedere comunque alla pubblicazione della delibera, la Marcianò «avallava la pubblicazione» senza che fosse «fatta menzione delle sue originarie riserve».

Giornalista
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